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sabato 29 ottobre 2011
di Alessandra Miccinesi
La passione di Laura
Evento speciale del Festival di Roma, il docufilm di Paolo Petrucci su Laura Betti

"Un film che va oltre il puro e semplice omaggio" per dirla con le parole di Mario Sesti curatore della rassegna Extra | L’Altro cinema "perché fa capire con dolce fermezza come una fetta di cultura italiana sia non immaginabile, oggi, senza la Betti e il suo gruppo". Al Festival del Film di Roma, che verrà ricordato per la lezione di cinema di Michael Mann, oggi è stato anche il giorno di La passione di Laura il bellissimo e toccante film di Paolo Petrucci, prodotto da Angelo Barbagallo e distribuito da Cinecittà Luce, animato dal tocco sapiente di Ursula Ferrara, che in 55’ ci mostra la passione (im)possibile tra Laura Betti e Pier Paolo Pasolini: la coppia d’eccellenza del cinema e della cultura italiana.

La voce graffiante che accompagna le immagini - struggenti quelle di repertorio in bianco e nero dell’infanzia di Laura Trombetti in arte Betti (su suggerimento di Luchino Visconti) a Bologna, negli anni ’30 - è di Laura Danco. Dalla sequenza realizzata accanto a Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi e poi tagliata al montaggio per la censura, alla performance di Regina in Novecento di Bertolucci fino alle ultime interviste rilasciate in difesa della memoria di Pasolini, soprattutto contro chi ’saccheggiava’ il suo pensiero, rubando frasi profetiche e sibilline

E’ per colmare un vuoto affettivo, pronto a diventare voragine culturale, che è stato realizzato il film. Una pellicola in cui il materiale d’archivio si mescola al racconto degli amici. E e che amici: dall’ex ministro della cultura francese Jack Lang allo scenografo Piero Tosi, passando per artisti come Paolo Poli e Godard - perle suggestive di emozioni, scampoli di storia e di arte in divenire, che da Bertolucci (ribattezzato da Betti la Bernarda) arrivano dritti a Moravia (la nonna).

L’unico chiamato senza storpiature del nome al femminile fu, appunto, Pier Paolo. Quel Pasolini passione e tormento a cui la Betti regalò il cuore, gran parte della sua carriera e della sua vita. Perché dal 1975, anno segnato dalla tragica fine del poeta, la Betti dedicò ogni sforzo, intellettuale e professionale, per cercare di far luce sull’omicidio di Pasolini. Travagliata elaborazione di un lutto cercata anche nella realizzazione di un film Le ragioni di un sogno, e durata fino al 2004, anno della morte dell’attrice.

La passione di Betti parte dall’infanzia sofferta di Laura, dei suoi pianti rannicchiati nell’erba ("per rubare calore e forza alla terra") e poi consolati con pane olio e aceto, al treno preso al volo per Roma, città che doveva essere la salvezza dalla vita alto borghese detestata profondamente dalla giovane donna. E invece regalò al mondo la Betti: un uragano di artista ("picchiò il direttore di un teatro perché rubava, lo prese a borsettate" ricorda Paolo Poli), una donna allergica ai compromessi del conformismo e del femminismo ("farei qualunque cosa per il movimento femminista tranne che farne parte" diceva Laura).

Una battagliera sempre pronta a sciogliersi tra le braccia di un amante, che fosse un giovane tomboy ("un giorno andammo a far l’amore nel drive in sulla Colombo: era così vuoto che sembrava un cimitero" ricorda Bertolucci) o un povero poeta friulano stretto nel bavero del suo loden verde, poco importava. Solo l’amore contava. "Lui è diventato la mia vita che prima era solo un’abitudine" scriveva la Betti di Pier Paolo, con cui aveva liti furibonde ma del quale non poteva fare a meno. E il sentimento era reciproco.

Dalla contestazione del Vietnam agli scontri a Valle Giulia nel ’68, passando per i carri armati di Praga e le contestazioni alla 19. Mostra del Cinema di Venezia dove Laura Betti vince la Coppa Volpi per Teorema. Ricorda la Betti: "Pier Paolo, che boicottava il festival, mi telefonò per dirmi di non andare a ritirare il premio, per protesta: io invece ci andai. Ora nella Coppa ci tengo le castagne". Perché Laura Betti era anche questo, ma dietro lo sguardo triste dei suoi occhi bistrati di nero c’era molto, molto di più. Da non perdere

La frase: "Il poeta dovrebbe essere sacro, ne nascono uno o due ogni cento anni. Pier Paolo era uno di questi e sarà ricordato anche nel prossimo secolo" grida Alberto Moravia all’indomani dell’omicidio di Pasolini


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