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lunedì 20 ottobre 2025
di Claudio Fontanini
BUGONIA
Humour nero e visioni apocalittiche nel nuovo film di Lanthimos
Capitalismo mostruoso e paranoia complottista, ossessioni naturaliste e un apocalisse immaginata e che forse arriverà per davvero. Al suo quarto film con Emma Stone (prodigiosa anche qui), Yorgos Lanthimos continua a far muovere i suoi personaggi in una sorta di universo parallelo dove i generi si confondono e la minaccia è sottile ed inquietante. 

Stavolta si comincia dal rapimento di una potente Ceo di una multinazionale farmaceutica tutta potere e glamour da parte di due cugini che la credono responsabile della morte della madre e per giunta un extraterrestre arrivata dal pianeta Andromeda con l’intento di annientare il pianeta Terra. 

Apicoltori bifolchi che vivono in una fattoria capeggiati da un Jesse Plemons in versione capelli lunghi e luridi e rabbia incorporata (l’altro cugino, Aidan Delbis, è un tontolone che segue alla lettera i comandi dell’altro) sono convinti che lo spopolamento degli alveari sia causato, con prove scientifiche a sostegno, proprio dai misteriosi alieni capeggiati da Michelle

Segue la carcerazione privata della prigioniera che proverà persino a sedurli (ma la castrazione chimica subita volontariamente dai due cugini non aiuta nell’impresa…) mentre ingaggia un duello sanguinario con quella coppia che la rapa a zero (i capelli credono sia il contatto radar col pianeta Andromeda) e le infligge minacce fisiche prima di scoprire la verità. 

Remake  di Save the green planet!, il film di Jang Joon-hwan uscito in Corea del Sud nel 2003, Bugonia (il titolo si rifà al capitolo delle Georgiche virgiliane dedicato al mito della generazione spontanea con lo sciame di api che nasce dal ventre di un bue morto) diverte con humour nero alla Coen nella prima parte per poi aumentare i giri con un provocatorio j’accuse alle nuove élite tecnologiche che governano il mondo. 

Al terzo film nell’arco di due anni (script di Will Tracy) e in concorso all’ultima Mostra di Venezia, Lanthimos usa a meraviglia il corpo della Stone facendone cartina di tornasole di mutazioni e maschere da indossare nel nome del potere. 

Maestro dell’immaginario surreale, il regista de La favorita e Povere creature! si smarca dall’asetticità di Kinds of kidness nel quale la forma diventava sostanza. Qui invece lo scontro, mai moralista, è intessuto di resistenza. Individuale e collettiva. Anche se il prezzo da pagare è passare per folli e i cosiddetti normali fanno finta di non capire.            

In sala dal 23 ottobre distribuito da Universal 

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