Meglio tardi che mai. Presentato un anno fa a Venezia 81 nella sezione Orizzonti arriva finalmente in sala L’attachement- La tenerezza, ovvero uno dei titoli più belli ed emozionanti del 2024.
Parla di prendersi cura degli altri, di emancipazione familiare e di relazioni apparentemente impossibili il magnifico film di Carine Tardieu con una Valeria Bruni Tedeschi inedita ed in stato di grazia.
Libraia femminista (Un male necessario…) e solitaria (si concede solo qualche amante a cui non è concesso visitare la sua camera da letto) Sandra è una cinquantenne che non cucina perché non ne ha né tempo né voglia e si nasconde dietro la corazza dei suoi grandi occhiali da vista e del fumo delle mille sigarette che aspira.
La sua vita cambia radicalmente quando è costretta ad occuparsi per qualche ora del figlio di 5 anni della coppia di vicini di pianerottolo. La madre sta per partorire ma quello che doveva rivelarsi un evento felice si trasforma ben presto in dramma, con quel padre (Pio Marmai) costretto a prendersi cura del nascituro e dell’altro bambino (di cui peraltro non è il padre biologico).
Inizia da qui un percorso di crescita collettiva scandito dai capitoli che seguono i due anni di crescita della neonata, con la Tardieu (madre di una bimba adottata e già autrice del bellissimo e sottovalutato Toglimi un dubbio, storia di un uomo che scopre di non essere il figlio biologico di suo padre) che dipinge con grazia e tenerezza il ritratto di una donna moderna che vive sola, parla coi suoi libri e si scopre madre per sensibilità più che per dovere.
Tra pareti che dividono solitudini e famiglie e sensi di colpa (la moglie di Alex non voleva un secondo figlio), disegni sotto la porta e libri di Biancaneve per salvarsi da Peppa Pig, date di scadenza del dolore e brindisi alla vita, L’attachement- tratto da L’Intimité di Alice Ferney- commuove senza un filo di retorica in una storia di affetti incrociati che diventa il manifesto, umanista e politico, di una società solidale.
Con sequenze magistrali (il primo abbraccio sulla porta tra Sandra e il bambino con le mani che esitano a toccarsi; il sorriso liberatorio di Sandra dietro la vetrata bloccata dell’ospedale col padre che le annuncia che la piccola nata ha solo l’otite; il primo piano della Tedeschi alla festa di matrimonio mentre fuma e vede gli altri felici in un’espressione che mischia rimpianto e voglia di nuovo), personaggi carichi di non detti, scritti e recitati benissimo (dopo la Tedeschi lode alla Emillia di Vimala Pons e al padre naturale Raphael Quenard) e l’arte di rendere intimi e naturali concetti universali.
Impossibile non versare qualche lacrima negli ultimi 15’ dove tra un trasloco e uno struggente addio all’aeroporto si riposizionano le tessere di questa travolgente famiglia allargata. E le note finali di Voce abusou di Roberto Carlos (qui cantate da Maria Creuza) arrivano a suggellare il tono di un film prezioso e necessario.
Da non perdere.
In sala dal 2 ottobre distribuito da No.Mad Entertainment
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