Una notte a Parigi. Un uomo e una donna si conoscono per caso in metro. Litigano, si scrutano da lontano, si fiutano e si riconoscono. Fanno l’amore in una cabina telefonica e iniziano a parlare delle loro vite.
Come Ethan Hawke e Julie Delpy a Vienna in Prima dell’alba (1995) di Richard Linklater, in questo Sconosciuti per una notte, Alex Lutz (anche regista e sceneggiatore) e Karin Viard vivono il qui e adesso tra flussi emotivi e corpi che chiedono carezze, voglia di nuovo e limiti da superare.
Lei più razionale (il colpo di scena finale rivela perché), lui più disincantato, Aymeric e Nathalie, che hanno rispettive famiglie e che si danno del lei per un’ora, passano in rassegna le dinamiche dell’attrazione e la chimica dell’amore (ma esiste?) tra cellulari gettati in acqua e una festa di ventenni dove si imbucano, una passeggiata in un negozio di mobili chiuso e una cena al ristorante (senza soldi per pagare) dove fantasticano sui vicini di tavolo.
Fino all’arrivo al locale per scambisti (decisivo il colloquio con l’altra coppia che vuole fare sesso con loro) che rivelerà lividi invisibili e il peso di cose che non ci appartengono. Mentre lei, attrice amatoriale recita Il gioco dell’amore e del caso di Marivaux e quella notte diventa solo un piccolo intervallo e una fuga dalla routine per rubare un po’ di tempo alla vita.
E quell’addio come un duello che segna i confini di ciò che è stato e (forse) sarà. Girato in appena due settimane con una piccola troupe e passato a Cannes due anni fa a Un certain regard, Sconosciuti per una notte (Une nuit) è un manuale sentimentale che non scalda troppo il cuore e vive più sulla carta che sulla scena. Compassato e sin troppo cerebrale, il film di Lutz (che non entusiasma né alla regia né come attore) scivola poi su un sottofinale da dimenticare tra cavalli bianchi e pianoforti invisibili.
In sala dal 28 agosto distribuito da Wanted Cinema