Si può celebrare la fine di una convivenza durata 14 anni? Come succede in Mauritania (lì ci si sposa anche 10 volte e si celebrano le separazioni) e ricordando una vecchia battuta del padre di lei (Le coppie dovrebbero festeggiare quando si lasciano, non quando si mettono insieme, dice il regista Fernando Trueba, premio Oscar per miglior film straniero nel 1994 per Belle epoque, che qui recita diretto dal figlio), Ale (Itsaso Arana) e Alex (Vito Sanz), lei regista al montaggio del suo nuovo film, lui attore non troppo impegnato, decidono consensualmente che è il momento di staccare la spina a quell’amore ingolfato e metterne a parte amici e parenti,
Impresa non facile perché quella coppia perfetta è stata per anni un modello di relazione stabile e duratura per gli altri che ora vedono riflessi nei loro occhi la disperazione delle cose che finiscono inesorabilmente.
Sulla scia del magnifico Dieci capodanni (la serie spagnola di Rodrigo Sorogoyan disponibile su RaiPlay e della quale, non a caso, si vede una sequenza di lavorazione con Francesco Carrill, l’attore feticcio di Jonás Trueba), Volveréis, ambientato a Madrid e passato lo scorso anno a Cannes alla Quinzaine (dove ha vinto il premio come miglior opera europea) è una bella commedia romantica che esplora con raffinata acutezza le conseguenze dell’amore e le sfide della transizione esistenziale di una coppia al bivio dei sentimenti.
Ed ecco una vecchi band in arrivo da Granada per la festa d’addio e le carte dei tarocchi con le frasi celebri dei film di Ingmar Bergman, libri che aprono mondi (Cosa può fare un padre se non regalare bibliografie ai figli dice Fernando Trueba consegnando La ripetizione di Kierkegaard nelle mani della figlia) e discussioni cinefile in salotto su Dudley Moore e Skin deep (coi preservativi colorati a fare da miccia), lavandini intasati e scatoloni da riempire di ricordi in attesa di quel 22 settembre per la fine dell’estate e di un amore (o forse no).
Con Jonás Trueba che miscela a meraviglia passato (bellissimo il sottofinale con la visita a Montmartre sulla tomba di Truffaut) , presente e futuro come quel film della protagonista che in sala di montaggio sta venendo alla luce tra tagli e rimandi musicali.
Un vero e proprio flusso vitale metatestuale che accompagna i 120’ di quest’opera che celebra una nuova filosofia dell’esistenza nel nome di Stanley Cavell (Il cinema può renderci migliori) e delle seconde possibilità.
Con Trueba che procede per accumulo e inneggia all’amore della ripetizione (l’unico felice) tra sequenze metaforiche (le poltrone in vendita solo accoppiate, il ritratto rovesciato) e bisogno di certezze emotive (la beata sicurezza del momento). Da vedere.
In sala dal 12 giugno distribuito da Wanted Cinema