I luoghi dell’anima e della memoria, i sapori della provincia, i bilanci esistenziali al tempo della vecchiaia. Dopo la parentesi letteraria con Dante, Pupi Avati torna al suo cinema nostalgico e proustiano con La quattordicesima domenica del tempo ordinario (il titolo si riferisce ai mesi primaverili e estivi, quelli degli sposalizi), tormentata storia di fantasmi e di ossessioni amorose in bilico sulla tragedia.
Si comincia con l’album fotografico in bianco e nero della Bologna anni ’70, dove davanti ad un chiosco di gelati- lì dove i sogni potevano avverarsi- si incrociano gli sguardi dei giovanissimi Marzio (Lodo Guenzi, tanto per confermare la moda dei cantanti che diventano attori), Samuele (Nick Russo) e Sandra (Camilla Ciraolo). I primi due fonderanno un gruppo musicale- I Leggenda- mentre lei, aspirante modella, sposerà poi il primo in un matrimonio che si rivelerà fallimentare.
Eccoli ora ai giorni nostri e 35 anni dopo, alle prese coi fallimenti del presente. Marzio (Gabriele Lavia che torna a essere diretto da Avati a 40 anni da Zelder) suona ancora in localini, l’amico (Massimo Lopez) ha preferito la carriera bancaria alla musica e ha appena perso il figlio malato e Sandra (la rediviva Edwige Fenech che torna al cinema nel primo ruolo drammatico della sua carriera) è stata sfrattata da casa e vive senza un soldo in tasca.
Ritrovarsi non sarà facile con un Avati funereo e in preda al dolore da malattia (si contano suicidi, traumi cranici, calcinomi, aborti spontanei e linfomi, un po’ troppo…) che avvicina e allontana i suoi protagonisti con la consapevolezza che riconciliarsi col passato è esercizio complicato se non impossibile. Le cose belle sono volate via dice un verso dell’onnipresente brano del film, l’unico inciso e firmato dai Leggenda e scritto nella realtà dallo stesso Avati con le musiche di Sergio Cammariere.
Tra l’invadenza di un presente offensivo (gli sponsor televisivi ogni 8’) e scenate di gelosia senza tempo (bella la sequenza al cinema mentre sullo schermo passano le immagini de La vita agra con Tognazzi e la Ralli), pareti blu e affettuose citazioni (la Fenech impossibilitata a farsi la doccia), il Quartetto Cetra (Il Visconte di Castelfombrone), apparizioni paterne (Cesare Bocci) e triangoli sentimentali (Si è innamorato di me perché lo era di te confessa Sandra a Marzio geloso di Samuele), La quattordicesima domenica del tempo ordinario aggiorna- non certo al meglio- la filmografia dell’84enne Pupi Avati, qui più stanco che ispirato, programmatico che emozionante.
In sala dal 4 maggio distribuito da Vision