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mercoledì 21 maggio 2025
di Claudio Fontanini
FUORI
Il carcere come rinascita spirituale nel film di Martone sulla Sapienza
Da regista a protagonista sulla rotta di Goliarda Sapienza. Dopo la bellissima serie tv L’arte della gioia, Valeria Golino passa davanti alla macchina da presa vestendo i panni della tormentata scrittrice siciliana in Fuori, il nuovo film di Mario Martone scritto con Ippolita di Majo e unico italiano in concorso a Cannes
Da regista a protagonista sulla rotta di Goliarda Sapienza. Dopo la bellissima serie tv L’arte della gioia (uscita su Sky ma anche in sala in due parti e vincitrice di 3 David di Donatello), Valeria Golino passa davanti alla macchina da presa vestendo i panni della tormentata scrittrice siciliana in Fuori, il nuovo film di Mario Martone scritto con Ippolita di Majo, liberamente tratto da L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio della Sapienza e unico italiano in concorso a Cannes.

A quattro anni da Qui rido io, col focus d’autore sulla vita di Eduardo Scarpetta, il regista partenopeo inquadra stavolta un periodo della vita della Goliarda per farne ritratto di sorellanza e solidarietà umana di anime ferite. Che non si tratti della solita autobiografia cinematografica lo si capisce sin dai titoli di testa, con la didascalia iniziale che dettaglia sommariamente sulla vita antecedente della Goliarda

Una donna e un’intellettuale libera e anarchica, con un passato da attrice e un tentativo di suicidio alle spalle, ricoveri ospedalieri ed elettroshock, psicanalisi e Citto Maselli come compagno di vita per quasi 20 anni. E un romanzo terapeutico (Quel libro sono io dice la Golino nel film di Martone) a cui dedicherà da metà degli anni ’60 tutta la sua esistenza e che terminerà di scrivere nel 1976

Con l’infruttuosa ricerca di un editore che andrà avanti fino alla sua morte e la fama che arriva soltanto dopo la sua scomparsa (da noi, dopo il successo in Francia, fu pubblicato da Einaudi nel 2008). 

Profetica e attuale nella sua radicale aspirazione alla libertà personale e collettiva, sessualmente disinibita e allergica alle gabbie morali dei salotti intellettuali visti come piccole gallerie giudicanti, la Sapienza (una magnifica Valeria Golino) è pedinata da Martone in un’estate romana. 

Quella del 1980 con l’esperienza della detenzione a Rebibbia (per due mesi) avvenuta per un furto di gioielli ad un’amica (la scrittrice lo definì un gesto provocatorio) in seguito alle difficoltà economiche e alla voglia di ribellarsi contro un mondo che non la comprendeva. 

Sarà proprio il carcere allora a rigenerare, paradossalmente, testa e cuore di  quell’allora cinquantenne in bilico sulla vita. 
Con Martone che attraverso l’amicizia della Sapienza con Roberta (la strepitosa Matilda De Angelis che esibisce un convincente romanesco), delinquente abituale, eroinomane  e attivista politica e Barbara (Elodie) che una volta fuori aprirà un negozio di profumeria in periferia, dà voce all’autenticità di un rapporto a tre che fa rima con rinascita esistenziale

Tra ingiunzioni di sfratto e doppi whisky da Canova a Piazza del Popolo, fattucchiere e pranzi collettivi dietro le sbarre, overdose d’amore e macchine rubate (Sei una criminale, esattamente come me dice Roberta a Goliarda), Martone mette in pratica quella frase scritta  sul muro (Le ore del nostro presente sono già leggenda) filmando una sorta di irripetibile qui e ora mitigato dai flashback che rimandano indietro nel tempo. 

Un film consacrato a quel tempio dell’amicizia che riabilita desideri ed istinti (Perché scrivi? Per spronarmi confessa Goliarda) e che sposta l’attenzione, pericolosamente, più sul personaggio di Roberta (Non c’è niente di più esaltante dell’incesto dirà provocatoriamente) che su quello della Sapienza

Con quella cassapanca piene di lettere e segreti che è la chiave di tutto il film e qualche evitabile inciampo (la doccia a tre nel retro profumeria) che fanno di Fuori un film più elegante che febbrile, rispettoso che vitale se paragonato a L’amore molesto (uno dei film più belli di Martone da Elena Ferrante) e alla stessa serie della Golino nella quale si respirava l’urgenza e l’amoralità della scrittrice (Non sono polemica ma realista, la cosa peggiore…dice qui la Sapienza). 

Sui titoli di coda l’intervista televisiva con un incredulo e derisorio Enzo Biagi stupito di fronte alle affermazioni della Sapienza che inneggia all’autenticità carceraria. Sì, di salotti culturali s può davvero morire. 




In sala dal 22 maggio distribuito da 01    


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