Settantacinque anni e non sentirli. Oggi Renato Zero festeggia il suo compleanno e per l’occasione si (e ci) regala un nuovo disco e il tour 2026 che partirà dal PalaLottomatica di Roma il 24 gennaio.
All’epoca dei concerti che con l’intento di celebrare un anniversario fanno cassa e di un cantautorato spesso incapace di guardare oltre il proprio ombelico, Renato Zero con L’OraZero (in uscita il 3 ottobre per Tattica) accompagna il suo pubblico in un viaggio musicale, e dell’anima, lungo 19 brani che tratteggiano contraddizioni, utopie, sentimenti e bisogni del nostro tempo malato e drogato dalla tecnologia.
All’insegna dell’amore, dell’amicizia e del rispetto (le parole d’ordine per la ripresa di un’umanità ridotta al lumicino), Renato sfida ancora il mercato e le regole dell’usa e getta artistico con un lavoro complesso e ricco di sfumature.
Gli esami non finiscono mai dice Zero che ha presentato il suo nuovo disco prima in una bella serata ad inviti al Brancaccio e poi in una conferenza stampa. Avevamo paura di eccedere e di esagerare con tutti questi brani ma credo che la bellezza ha bisogno di complessità e di una durata non minimale. Viviamo in un’epoca in cui si accorcia tutto, la volontà, l’estro, la pazienza. Si lavora coi computer e coi plug in mentre i musicisti ammuffiscono a casa. La musica è un lavoro collettivo e si deve fare insieme. Sto diventando adulto allegramente o ogni volta che sforno un titolo gli occhi mi brillano di nuovo. Le canzoni sono la mia medicina per affrontare la vita. Oggi alzarsi la mattina e pensare che la vita è bella è difficile e anch’io vivo nella paura di un mondo che non riconosco più.
Un tempo la solitudine per me era una cattiva compagnia continua il cantautore perché era prodotta da altri poi ho scoperto che fa rima con salvezza. Ti costringe a confrontarti con te stesso, rivaluti gli errori che hai commesso e ritinteggi l’anima. Sono spaventato piuttosto dall’incomunicabilità, ci si saluta coi sorrisi ma non si riconosce chi si ha davanti.
Anticipato il 12 settembre da Senza, il primo singolo, L’OraZero pratica la moderazione in tempi dove chi urla più forte vince.
C’è bisogno di un linguaggio temperato e morbido anche nella contestazione e in tempi di guerra come questi nei quali la spiritualità è vilipesa. Sento l’esigenza di abbassare i toni.
Sul titolo del disco, Renato specifica.
L’ora Zero non è solo quella mia ma di tutti noi. Ognuno combatte la sua guerra personale e siamo noi il vero nemico di noi stessi. Siamo prigionieri di forze più grandi di noi e l’autonomia è venuta meno, oggi anche i bambini fanno fatica. Il mio elisir continua ad essere il pubblico, il suo abbraccio rassicurante è l’alibi meraviglioso per no fare mai vacanze.
A chiudere L’OraZero c’è Pace.
Per me deve essere quella interiore, bisogna ricercarla nel quotidiano. Ci si insulta sui pianerottoli e nelle macchine, bisogna fermarsi e rimescolare le carte.
Renato, che nella serata al Brancaccio ha chiesto un momento di silenzio per le vittime delle guerre in corso, auspica una manifestazione con una piazza muta.
Credo che una presenza imponente, priva di cartelli e bandiere di ogni colore, possa rappresentare meglio il dolore e lo sconcerto di questi giorni.
Sul distacco generazionale tra i cantautori della sua generazione e quelli di oggi, Zero ha le idee chiare.
C’è una grande voragine nel linguaggio e nella responsabilità del mestiere di artista tra noi e loro. Il mio è un lavoro impegnativo, mi sono vestito da marionetta per non esserlo e oggi godo della mia autonomia produttiva. Bisogna abbeverarsi dai veri maestri, penso a Nina Simone, Janis Joplin e Bob Dylan e da chi ha fatto della scena una trincea.
Renato, che sogna un film al cinema, è felice per la riappacificazione con la Bertè (Passano gli anni e il tempo stringe era arrivato il momento di riabbracciarci, troppa frequentazione crea malintesi e stanchezze come tra due innamorati. L’ho trovata più calma e riflessiva e averla vicina oggi è un regalo) e invita Ultimo a scrivergli un testo (Conosco benissimo Anna, la madre, una mia vecchia fan. Lui è cresciuto a pane e Zero ed è un nipote acquisito ma penso abbia un po’ di soggezione nei miei confronti), è consapevole del suo essere costantemente in avanti coi tempi.
Spesso mi è costato caro e l’ho pagato in termini di insuccessi. Ho cantato la pedofilia in Qualcuno mi renda l’anima quando dicevano che non esisteva, nell’83 con Contagio sono stato profetico sul virus e riascoltarla al tempo del Covid mi ha scioccato, con Zerowsky ho mischiato le arti ma quello spettacolo l’hanno capito in pochi.
Ti piacerebbe tornare ad esibirti nei teatri?
Voglio toccare e annusare chi mi sta davanti, ho bisogno di stalkerizzare il mio pubblico. Preferisco spazi con una comunicazione più ossigenante perché per entrare nelle coscienze non si deve fare molta strada. Ho fatto gli stadi in passato ma lì qualcosa si perde inevitabilmente. Il numero di spettotori deve essere un’esigenza personale e non solo business. E poi io ho iniziato col Teatro stabile di Genova, mai dire mai.
Finale con frecciatina sul Sanremo attuale.
Mi sembra che i cantanti vengano selezionati più in base al numero di sostenitori sui social che sul valore artistico. Bisognerebbe avere il coraggio di prendersi delle responsabilità e avere più severità. Solo così potremo sperare in altri Bindi, Paoli, Tenco ed Endrigo.
I biglietti per le date del nuovo tour (23 date dal 24 gennaio a Roma al 16 aprile a Messina) sono già disponibili su renatozero.com e viva ticket.com