Presentato in anteprima all’apertura, fuori concorso, della 69.a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e poi al Toronto International Film Festival 2012, arriva nelle sale italiane Il fondamentalista riluttante, diretto dalla regista indiana Mira Nair, e tratto dall’omonimo romanzo di Mohin Hamid (Einaudi). Accolto tiepidamente a Venezia, forse, perché si pensava ad un film sul fondamentalismo islamico tout court, il film dell’autrice di Salaam Bombay - opera prima premiata a Cannes e candidata all’Oscar - è un dramma esistenziale, se vogliamo intimo, che offre il punto di vista di un pakistano diviso tra due mondi e due culture, che sarà costretto a fare una scelta difficile, lui privilegiato, travolto da pregiudizi e contraddizioni, apparenze ed inganni.
Sullo sfondo ci sono due fondamentalismi, quello economico del mondo finanziario, e quello violento che usa la propria religione come bandiera e scudo per una guerra politico-economica, di cui spesso sono vittime degli innocenti.
In un percorso attraverso i mondi culturalmente (non solo) ricchi e seducenti di New York, Lahore e Istanbul, l’opera della Nair esplora i pregiudizi e il fenomeno della globalizzazione all’indomani dell’11 settembre - preceduto da un prologo che illustra la scalata del sogno americano del giovane - quando il senso di alienazione e il sospetto regnano ovunque.
Niente è come sembra per la regista, e pensiamo anche per lo scrittore che avrà riversato, su personaggio e storia, la propria vicenda personale.
Changez Khan (Riz Ahmed) è un giovane pakistano che, dopo la laurea a Princeton, viene assunto dalla più prestigiosa società di consulenza finanziaria newyorkese, diventando in breve tempo un uomo d’affari di primo piano. Instaura una felice relazione con l’americana Erica (Kate Hudson), un’artista che si occupa di fotografia e installazioni. Ma dopo il terribile attacco alle Torri Gemelle, la sua vita cambierà radicalmente frantumando persino il sogno americano appena conquistato. Girato in cinque città su tre continenti, il film invita, anzi costringe, alla riflessione perché indaga più sulle azioni e sugli atteggiamenti dei personaggi di entrambi i mondi, offrendoci soprattutto il punto di vista personale del protagonista, filtrato attraverso l’esperienza della regista stessa che, proprio dopo la tragedia, lei e la sua famiglia (vive col marito e il figlio a New York) è stata, per la prima volta, considerata ’straniera’ perché assomigliava agli ’altri’.
Non a caso nessuno a Hollywood voleva produrre un film così rischioso e persino uno sceggiatore disse alla regista - Leone d’oro a Venezia con Monsoon Wedding consegnatole in quel tragico periodo - "la prima cosa da fare è togliere fondamentalista dal titolo". Nel cast anche Kiefer Sutherland (Jim Cross, il capo), Liev Schreiber (Bobby Lincoln), il grande attore indiano Om Puri (Abu), Shabana Azmi (Ammi), Martin Donovan (Ludlow Cooper), Nelsan Ellis (Wainraight), Meesha Shafi (Bina) e Haluk Bilginer (Nazmi Kemal).
Nelle sale dal 13 giugno distribuito da Eagle Pictures