Il primo lungometraggio co-diretto da una regista iraniana e un regista israeliano è un thriller sportivo che esalta il gesto atletico e allontana la politica dalla pratica agonistica.
Passato all’ultima Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti e ispirato alle tante atlete iraniane che hanno rischiato la vita per gareggiare e sono state costrette a lasciare il paese, Tatami di Guy Nattiv (Oscar nel 2019 per il cortometraggio Skin) e Zar Amir (miglior attrice a Cannes 2022 per Holy Spider e qui nei panni dell’allenatrice della judoka) mette in scena le gare di judo e l’oscuro dietro le quinte politico di Federazione e Guida suprema iraniana che ordinano il ritiro di quell’atleta che potrebbe incontrare un’avversaria israeliana sul suo cammino verso l’oro.
Ed ecco Leila (Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam (Zar Amir) alle prese con una scelta impossibile: continuare la strada verso il successo ai mondiali di Tbilisi o sottostare alle minacce che arrivano dall’Iran e che coinvolgono i familiari rimasti in patria? Meglio provare ad essere donne libere o essere bollate come traditrici dello Stato?
Il linguaggio del corpo e quello dell’anima si stagliano nel bellissimo bianco e nero di Todd Martin (l’ispirazione a Toro scatenato è sin troppo evidente) e nel formato ridotto che esalta la potenza dei combattimenti sul tatami e la sensazione claustrofobica che attanaglia le due protagoniste.
Tra flash back familiari di vita vissuta e 30 grammi da perdere in 20’ prima del combattimento, testate allo specchio e protocolli da non violare (Deve essere lei a chiedere aiuto dice l’ispettore delle gare che fiuta le minacce ma non può intervenire), obblighi morali (Meglio l’esilio che l’ipocrisia) e il passato che ritorna (l’allenatrice si rivede nella sua atleta) Tatami è un film muscolare ed avvincente (bel montaggio di Yuval Orr) che fa dell’arte e della pacificazione culturale il suo manifesto di libertà.
Magari il tutto è un po’ schematico e telefonato ma quel doppio viaggio in pullman che apre e chiude il film è la perfetta metafora di un percorso che non può mai estirpare le proprie radici.
In sala dal 4 aprile distribuito da Bim