Chi è quel settantenne che sta per gettarsi nel vuoto mentre incrocia lo sguardo di una bambina che passa nel cortile del suo appartamento? E soprattutto perché ha vissuto la sua vita nella paura di essere scoperto? Lo scopriremo (solo in parte) alla fine di Confidenza, il nuovo e originale film di Daniele Luchetti che attinge ancora da un romanzo di Domenico Starnone dopo La scuola e Lacci.
Zone d’ombra e vite in maschera, ipocrisia maschile e pedagogia degli affetti in un film inclassificabile per genere e che richiede la partecipazione attiva dello spettatore per riempire le caselle vuote di una sceneggiatura (firmata dal regista con Francesco Piccolo) sospesa tra immaginazione e realtà e ambientata negli anni ‘80.
Con uno stimato professore di lettere al liceo (un magnifico Elio Germano) che instaura una relazione con una sua ex allieva (la sorprendente Federica Rosellini vista finora al cinema solo in Dove cadono le ombre di Valentina Pedicini del 2017) con la quale si scambia all’orecchio un segreto inconfessabile.
Finito l’idillio e costruitosi una nuova vita con moglie insoddisfatta (Mi sento come un uovo di Pasqua scaduto e senza sorprese dice Vittoria Puccini) e figlia, Pietro Vella, vedrà comparire dal passato (ma forse è il suo presente pieno di ombre) quella studentessa- diventata nel frattempo una famosa scienziata (La matematica non mente, le lettere sì…) a ricordargli l’uomo che è stato e che non ha mai avuto il coraggio di confessare.
Allarmante e allucinato, spiazzante e volutamente irrisolto, Confidenza- presentato all’International Film festival di Rotterdam- vuol essere il ritratto del maschio contemporaneo tutto ipocrisia e impostura. In bilico tra sentimenti e paura (L’amore fa schifo, non è mai alla pari ed è sempre sopraffazione scrive la studentessa), il film di Luchetti batte le vie dell’ambiguità cercando di raccontare la confusione mentale del suo protagonista con ordine stilistico.
Film a ipotesi piuttosto che a tesi (così lo ha definito giustamente il regista romano) Confidenza affronta tematiche pirandelliane frantumando ruoli sociali definiti e mettendo in discussione l’ossessione del controllo assoluto del suo protagonista.
Con un premio alla presenza del Presidente della Repubblica che diventa l’occasione per una resa dei conti finale. Con gli altri e con se stesso. Mentre Luchetti allunga oltremisura il materiale narrativo (durata 2h15’) finendo, tra simbolismi alla Sorrentino e sinistri presagi, per stemperare il tutto.
Un film inedito nella filmografia del regista de Il portaborse che conferma il suo proficuo sodalizio artistico con Elio Germano (al suo quarto film con Luchetti dopo Mio fratello è figlio unico, La nostra vita e Io sono Tempesta). Nell’affollato e intonato cast anche Pilar Fogliati (è la figlia di Vella che si mette sulle tracce della scienziata che vive a Boston) e Isabella Ferrari editor in cerca di emozioni. Musiche e i brani originali di Thom Yorke, il frontman dei Radiohead e lode al trucco di Sonia Cedrone.
In sala dal 24 aprile distribuito da Vision