Una storia più vera di quanto si pensi recita la didascalia iniziale di Cattiverie domicilio, l’irriverente commedia inglese che ha totalizzato un milione di presenze in sole tre settimane di programmazione diventando quella di maggior incasso dal periodo pandemico.
Attrici strepitose (per film del genere proibiremmo il doppiaggio italiano), gran ritmo, dialoghi perfidi e un sottotesto dolente fanno del film scritto da Johnny Sweet e diretto dalla regista inglese Thea Sharrock l’ennesima storia di riscatto al femminile (sta diventando un genere a parte) alimentata da una pungente satira al perbenismo e all’ipocrisia religiosa del tempo.
Siamo infatti negli anni ’20 a Littlehampton, una cittadina costiera dell’Inghilterra, dove due donne, vicine di casa, si fanno la guerra. Una, Edith Swan (l’immensa Olivia Colman), originaria del posto e figlia conservatrice di un padre autoritario (Timothy Spall) accusa l’altra, Rose Gooding (Jessie Buckley) immigrata irlandese esuberante e anticonvenzionale con figlia a carico, di recapitarle lettere anonime oscene piene d’insulti.
E’ solo l’inizio di una battaglia senza esclusione di colpi tra dispetti e gelosie, ripicche e inchiostro simpatico, con una poliziotta nera (Anjana Vasan) che indaga sulla vicenda facendosi largo a colpi d’intuizioni femminili in un mondo dominato dagli uomini (Le donne poliziotto non fanno indagini le ordina il suo superiore).
Tratto da un’incredibile storia vera avvenuta cento anni fa e quanto mai attuale (al posto della carta da lettera oggi gli insulti viaggiano sui social), Cattiverie a domicilio- presentato in anteprima mondiale al Festival di Toronto- mette a confronto due donne apparentemente agli antipodi ma capaci di riconoscersi tra le pieghe di un destino che le renderà complici.
Tra circoli cristiani e nuove conquiste (il voto alle donne), G maiuscole che firmano condanne, ansia da notorietà e mariti morti in guerra (o forse no), il film della Sharrock riunisce dopo La figlia oscura l’accoppiata Colman-Buckley che regala duetti memorabili e sguardi che valgono il film.
Con la Colman che dietro l’aria arrendevole e bonaria nasconde imprevedibili guizzi di follia alla Kathy Bates di Misery non deve morire e la Buckley che incarna alla perfezione lo spirito d’indipendenza femminile che si tramanda alla figlia sotto forma di una chitarra da suonare in libertà.
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