Due edifici di 5 piani ridotti in macerie e 8 morti. Parte dal crollo avvenuto il 5 novembre 2018 in rue d’Aubagne a Marsiglia, accanto alla piazzetta dominata dal busto di Omero, E la festa continua! (titolo che sa di speranza, forse utopica) il nuovo e bellissimo film di Robert Guédiguaian, ultimo esponente, con Ken Loach, di quel cinema sociale e politico (nel senso più nobile del termine) che crede di avere ancora la forza di poter cambiare il mondo.
Presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma (Grand Public) e interpretato magnificamente dai sodali artistici e affettivi del regista marsigliese (la moglie Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan) il film torna alle cronache della classe operaia tanto cara al regista di Marius et Jeannette e Marie-Jo e i suoi due amori dopo la parentesi africana di Twist à Bamako.
Cuore e centro del racconto, oltre alla città natale del regista, è Rosa (la meravigliosa Ariane Ascaride). Infermiera affannata, incapace di dire no (Forse dipende dalla povertà dice in uno dei tanti e bellissimi monologhi interiori del film), madre di due figli adulti (uno gestisce un bar armeno, l’altro è deciso a partire per aiutare i combattenti del Nagorno Karabakh) e senza marito da quando aveva 26 anni, deve il suo nome alla passione del padre, un immigrato armeno, per Rose Luxemberg e divide con lei la stessa passione per le cinciallegre (Amo la loro bellezza e gentilezza, per una vita ho sognato che il nostro mondo somigliasse al loro).
Candidata alle comunali coi verdi (I comunisti? Ce ne saranno rimasti una decina… risponde al fratello tassista che si chiama Antonio in onore di Gramsci) e intenta a soddisfare le esigenze di tutti, forse scoprirà di nuovo cosa significa essere innamorati. E se il nuovo spasimante (Darrousin, un concentrato di malinconica eleganza pronta a inattesi sussulti) è il padre della promessa sposa del figlio l’affare si complica…
Parla di volontariato e solidarietà (Bisognerebbe avere due vite, la prima per aiutare se stessi, la seconda per gli altri), piatti tipici armeni (le linguine con acciughe e noci) e manifestazioni di protesta (Agisci nel tuo quartiere pensa col mondo si legge in uno striscione), radici e integrazione (Portatemi nel paese delle meraviglie, mi sembra che la miseria sarebbe meno penosa al sole canta Charles Aznavour in Emmenez-moi), speculazioni edilizie e sopravvivenza culturale (Se hai un buon libro con te il tempo e lo spazio non esistono, viaggi in un altro mondo in cerca di un tempo perduto dice Darroussin, ex libraio che scrive cartoline con citazioni letterarie alla figlia senza spedirle) questo film caldo, struggente, impegnato e popolare al contempo e venato di ironia (i flirt del fratello di Rosa che si definisce un innamorato permanente) che propone un confronto generazionale con la memoria e l’altruismo a fare da filo rosso.
Un film dove il personale è politico e dove niente è finito e tutto comincia (finale da brividi) con omaggio musicale al Georges Delereu de Le Mepris di Godard. Con quella citazione dal Re Lear di Shakespeare (La tragedia della nostra epoca è che i pazzi guidano i ciechi) a far da monito ad una presa di coscienza collettiva che rilanci il potere del pensiero critico. Da non perdere.
In sala dall’11 aprile distribuito da Lucky Red