Due emarginati a strapiombo sul mondo e sulla vita, una storia di amicizia e salvazione, una fabbrica che uccide sullo sfondo. E’ un western urbano coi toni e l’andamento da commedia Il grande spirito, il nuovo film diretto e interpretato da Sergio Rubini e presentato la scorsa settimana al Bif&st di Bari.
In un quartiere periferico di Taranto tre rapinatori stanno per entrare in azione. Uno di loro, Tonino detto Barboncino (superbo Rubini) è un cinquantenne dall’aria malmessa al quale è negato l’uso della pistola a causa della sua passione per l’alcool.
Qualcosa andrà storto e sarà proprio questo malvivente dal curriculum non proprio immacolato a sfruttare l’occasione per fuggire con un borsone pieno di 500.000 €.
Dalla terra al cielo, dalla strada alla terrazza più elevata cercando rifugio in un vecchio lavatoio. Con Rubini in versione Spider man pugliese che troverà conforto e solidarietà in uno strano personaggio che vive fuori dal tempo. Una piuma d’uccello dietro l’orecchio e una fascia rossa in testa, quell’uomo (un ottimo Rocco Papaleo) dice di chiamarsi Cervo Nero e di far parte della tribù dei Sioux.
Inizia da qui una strana alleanza fatta di visioni e spiritualismo, dialoghi con le stelle e fumi tossici (l’Ilva), praterie incontaminate e città devastate mentre il bottino è nascosto sotto una montagna di pietrisco in un cantiere sottostante e due donne (Ivana Lotito e Bianca Guaccero) non sono quello che sembrano.
Parla di anime e nuove prospettive, visioni del mondo a confronto e terre sacre da riconquistare il film di Rubini che mette in scena un rivoluzionario controcanto artistico ed umano altalenante per toni ed esiti. Tra bevute di sambuca e pistole senza pallottole (magnifico il dialogo in auto tra i due protagonisti nel sottofinale), bugie salvavita e citazioni da Toro Seduto, battute fulminanti e filosofie di vita (Non si può mangiare il denaro dice quell’eccentrico indiano che ha conosciuto il dolore e combatte ogni giorno la sua guerra agli yankee) Il grande spirito- parlato in pugliese stretto e sottotitolato in italiano nella prima parte- si segnala per la straordinaria sintonia tra Rubini e Papaleo che si scambiano sguardi che valgono più di mille parole.
Scritto da Rubini con Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini, il film è anche una resa dei conti affettiva e familiare (simile in questo a La terra del 2006) che sconta però, alla fine, un messaggio sin troppo esplicitato. Con quel duello finale sui tetti che indicherà la nuova via a personaggi in cerca di un altrove necessario.
Generoso, imperfetto (qualche taglio al montaggio avrebbe giovato al ritmo narrativo) e poco assimilabile all’asfittico panorama cinematografico nostrano, il film di Rubini (qui alla 13ma regia) è un prodotto di ottima fattura capace di regalare sorrisi e riflessioni. Sognando una rivoluzione, culturale e morale, ancora possibile. Magnifiche e di grande atmosfera le musiche firmate da Ludovico Einaudi.
In sala dal 9 maggio distribuito da 01