La storia di due amici per la pelle, la reincarnazione sullo schermo di due leggende della comicità, un biopic non convenzionale che esplora gli uomini dietro la leggenda. Presentato in concorso all’ultima Festa del cinema di Roma, Stanlio & Ollio di Jon S.Baird racconta gli ultimi anni di convivenza- artistica ed umana- dei due comici più amati al mondo.
La prospettiva narrativa è quella di un capitolo poco conosciuto della loro carriera (tra il 1927 e il 1950 sono apparsi in oltre 107 film passando indenni dal muto al sonoro), quello della tournée teatrale della coppia nel Regno Unito all’inizio degli anni ’50 e documentata nel libro di A.J.Marriot Lauel & Hardy: The British Tours.
Mentre vanno incontro ad un futuro incerto (la malattia di Ollio avanza e il film su Robin Hood non decolla) e l’epoca d’oro del loro successo sembra alla fine (i manifesti di Gianni e Pinotto annunciano il nuovo che avanza) ecco Stan Laurel ed Oliver Hardy (i prodigiosi e mimetici Steve Coogan e John C.Reilly) alloggiare in piccole pensioni ed esibirsi in minuscoli teatrini tra fantasmi del passato e vecchie ferite mai rimarginate (nel 1939 Ollio decise di fare un film da solista).
Aperto da una magnifico piano sequenza di 6’ che segue i due dal loro camerino al teatro di posa di Hollywood fino al set e allo studio del boss Hal Roach per poi trasportarci a 16 anni dopo, Stanlio & Ollio aziona miracolosamente la macchina del tempo in un film struggente e delicato, umanissimo e dolente. Con due uomini che si accorgono finalmente l’uno dell’altro oltre i copioni da interpretare e che fanno un bilancio delle loro esistenze in un mondo che cambia.
Tra pubblicità autoreferenziali e matrimoni (bravissime anche Nina Arianda e Shirley Henderson nei panni delle mogli di Laurel e Hardy), crisi finanziarie e scenette immortali magistralmente inserite nel quotidiano (col baule issato sulle scale di una stazione ferroviaria che omaggia la memorabile sequenza del pianoforte sulle scale ne La scala musicale) il film di Baird mostra il canto del cigno del duo con Hardy che gioca ai cavalli e a golf e assume il controllo sullo schermo mentre Laurel è la mente creativa che sorveglia ogni aspetto della produzione (il mito e l’esempio era quello di Chaplin che deteneva i diritti delle sue opere).
Colleghi di lavoro che si scoprirono amici solo durante la tournée del ’53 e che in quell’ultimo balletto di ombre di Allegri vagabondi (impossibile non commuoversi nell’indimenticabile finale) lasciano in eredità al pubblico di ogni epoca il dono della grazia e della misura. Ma il film non sarebbe stato lo stesso senza la prodigiosa interpretazione dei due protagonisti che sono- letteralmente- Stanlio e Ollio grazie alla miracolosa trasformazione fisica curata dal make up supervisor Jeremy Woodhead e da Mark Coulier, il talentuoso progettista di protesi vincitore di due Oscar per il miglior trucco in Grand Hotel Budapest e The Iron lady. Lodi anche alle scenografie di John Paul Kelly capaci di ricreare due mondi agli antipodi come quelli della scintillante Hollywood anni ’30 e della Gran Bretagna cupa e grigia degli anni ’50.
In sala dal 1 maggio distribuito da Lucky Red