Un fatto di cronaca realmente accaduto negli anni ’70 e diventato un caso mediatico internazionale, una vicenda che incrocia pubblico e privato e una tragedia familiare che colpì una delle famiglie più ricche e potenti del mondo. Il tutto al servizio di un cast di assoluto valore e nelle mani di un grande regista.
C’era da aspettarsi grandi cose da Tutti i soldi del mondo, l’ultimo film di Ridley Scott che racconta del rapimento a Roma, nel ’73 di John Paul Getty III, nipote del controverso magnate del petrolio Jean Paul Getty (un ottimo Christopher Plummer in sostituzione di Kevin Spacey, cancellato dalla pellicola dopo lo scandalo sessuale che lo ha coinvolto a sole sei settimane dall’uscita nelle sale) che si rifiutò di pagare i 17 milioni di dollari richiesti dalla ‘Ndrangheta.
Eppure, come succede molte volte alle produzioni americane in trasferta capitolina (l’ultimo clamoroso tonfo che ci viene in mente è quello del Woody Allen italiano di To Rome with love) l’immagine della città eterna che ne risulta è talmente artefatta e improbabile che tutto il film naufraga dell’inverosimile.
Se a questo aggiungete un cast di comprimari talmente sballato da risultare involontariamente comico grazie al doppiaggio (nella banda dei rapitori c’è il francese Romain Duris che parla calabrese…) la frittata, firmata da Ridley Scott, è servita.
Peccato perché il film, che inizia con una passeggiata notturna e in bianco e nero del nipote nella via Veneto popolata da prostitute, ricconi e paparazzi, mette in scena un sorta di dramma shakespeariano girato con le cadenze del thriller. Un difetto non da poco, perché alla fine questo Tutti i soldi del mondo non affonda i colpi né sul versante psicologico né su quello dell’azione in un ibrido cinematografico che risulta piatto e persino inutilmente ridondante.
Basato su Painfully Rich, il libro del ’95 di John Pearson incentrato sul tragico rapimento (la sceneggiatura è di David Scarpa) il film di Ridley Scott disperde così un bel patrimonio narrativo accontentandosi della superficie più che dell’essenza.
Ed ecco un uomo avaro più attaccato alle cose (Non cambiano e non ti deludono mai) che alle persone diventare ostaggio della sua stessa ricchezza; una donna (la madre del ragazzo ed ex nuora del petroliere, sullo schermo Michelle Williams) combattere con tutte le sue forze contro quell’impero familiare che non le apparteneva e un giovane rampollo tradito negli affetti e al centro di un intrigo del quale è solo una pedina.
Biopic dinastico circondato da un’aura d’infelicità, Tutti i soldi del mondo accumula spunti (persone e simboli, diventare ed essere ricchi) ma sorvola rapido e sommario su avvenimenti e snodi decisivi (da dimenticare il sottofinale con polizia e rapitori sulle tracce del fuggiasco e con le auto parcheggiate fianco a fianco in piazza…).
Avaro di colpi di scena (anche per chi non conoscesse la vicenda) e popolato da improbabili facce (appaiono anche Nicolas Vaporidis, Marco Leonardi e Giulio Base) il film passa in rassegna oggetti d’arte e trattative segrete (dai 17 milioni iniziali si arrivò a 4), anni di piombo (la sbiadita sequenza con le Brigate Rosse) ed ex agenti CIA al servizio del faccendiere (Gira con la pistola? Non le amo, rovinano le giacche… dice l’elegante Mark Wahlberg), mariti drogati, orecchie mozzate e massime sulla ricchezza (Chi riesce a contare i suoi soldi non è un miliardario dice Plummer) di un uomo potente e moralmente ambiguo costretto a venire a patti col prezzo della vita.
Ma le emozioni latitano e gli ambienti (le colline del lago di Bracciano diventano i villaggi di montagna calabresi) non contribuiscono alla credibilità dell’insieme. Occasione mancata.
Nelle sale dal 4 gennaio distribuito da Lucky Red