Un viaggio in macchina, da Roma a Stoccolma, alla ricerca del padre perduto. Dopo Razzabastarda del 2012, Alessandro Gassmann torna dietro (e davanti) la macchina da presa per raccontare una storia personale e malinconica in un curioso on the road in bilico tra comicità e riflessioni esistenziali.
Una vita esagerata spesa tra molte mogli (l’ultima è un’artista concettuale bretone) e figli sparsi in giro per il mondo, un talento riconosciuto nella scrittura e una bulimia affettiva che non lo risparmia da un cinico egocentrismo. Vincitore del premio Nobel per la letteratura, Giovanni Passamonte (un misuratissimo Gigi Proietti) ha paura di volare e decide così di farsi accompagnare in Svezia per ritirare il riconoscimento dai due figli (Alessandro Gassmann e Anna Foglietta) oltre che dal fedele assistente infortunato alla schiena (Rocco Papaleo).
Personal trainer squattrinato e succube della moglie il maschio, blogger di successo con velleità di scrittura la femmina, i due, chilometro dopo chilometro, impareranno a conoscere meglio quel padre assente e a indirizzare al meglio i loro desiderata professionali e affettivi. Un percorso stradale che diventa tragicomico bilancio di vita punteggiato da strani incontri e svolte inattese.
Tra capricci senili e disillusioni (Scrivo libri di disimpegno civile dice Proietti alla figlia), brindisi ai ricordi e gatti morti, figli dell’amore libero e beata ignoranza (Il posto delle fragole? Non l’ho letto confessa Oreste alla sorella che le aveva detto essere il capolavoro di Bergman), nei a forma di cuore, fumate d’oppio e saune svedesi (la sequenza migliore del film per mimica dei protagonisti), il nuovo film di Alessandro Gassmann pesca a pieni mani nell’autobiografia del figlio d’arte (seppure quel viaggio in realtà non è mai avvenuto) sovrapponendo l’immaginario di papà Vittorio a quello di Proietti, nume tutelare di una pellicola intrisa di amore per un’epoca, umana e culturale, che non c’è più.
Tenero, movimentato, elegante e discontinuo, Il premio (scritto a sei mani dal Gassmann con Valter Lupo e Massimiliano Bruno) passa in rassegna luoghi e personaggi (c’è anche Erica Blanc nelle vesti di una vecchia diva che intende ibernarsi a domicilio) alternando sequenze riuscite (oltre a quella della sauna da sottolineare la cena in onore del premiato in sottofinale) a gag esili e prevedibili.
Con figli che spuntano dal nulla come i funghi (anche Alessandro Gassmann incontrerà il suo a Copenaghen), rivincite di combattimenti di lotta greco-romana e una mucca acquistata solo per bere un bicchiere di latte fresco.
Per scoprire alla fine che forse è tutta una questione di condivisione. Non sarà Little Miss Sunshine, il miglior film su un viaggio familiare all’insegna della stravaganza, ma onestà intellettuale e voglia di mettersi in gioco non fanno difetto al film di Gassmann.
Lode alle musiche originali e in chiave country di Maurizio Filardo e Wrongonyou (vero nome Marco Zitelli e qui anche nelle vesti di attore nei panni del figlio fuggitivo).
Nelle sale da 6 dicembre distribuito da Vision