Carico e strabordante, appassionato ed enfatico. E’ il cinema che da sempre sforna la premiata ditta Mazzantini-Castellitto (in rigoroso ordine creativo: lei scrive, lui dirige) e alla regola stilistica non sfugge, purtroppo, nemmeno Fortunata appena passato a Cannes nella sezione “Un certain regard” e già in sala. Parrucchiera a domicilio con figlia di 8 anni a carico, Fortunata (una Jasmine Trinca senza rete e fuori parte) vive le sue giornate a Torpignattara come una guerriera del quotidiano in cerca di stabilità. Sogna di aprire un negozio tutto suo con l’amico di sempre, un tatuatore bipolare e strafatto (Alessandro Borghi ormai prigioniero dello stereotipo) e intanto esce ammaccata dai confronti-scontri con l’ex marito violento (Edoardo Pesce) col quale però fa ancora sesso.
A provare a dare un senso alla sua vita proverà lo piscologo infantile della ASL Patrizio (un imbalsamato Stefano Accorsi in camice bianco e sigaro in bocca) che ascolta i disagi familiari della piccola figlia e intanto flirta con la madre che bacia sulle rive del Tevere fuggendo da una seduta e imprecando contro la deontologia professionale (sequenza involontariamente comica e surreale al tempo stesso). Ci saranno scene madri e pistole pronte a sparare, numeri ritardatari da giocare al lotto e una madre malata da accudire (Hanna Schygulla in preda al mito di Antigone), barzellette d’alleggerimento e fughe d’amore (Trinca e Accorsi in moto al ralenty con gli schizzi d’acqua di una pozzanghera a tutto schermo…), sogni paterni, crisantemi (“Nel mondo anglosassone portano fortuna”) e balletti cinesi (“Sono i padroni del mondo, bisogna imparare da loro” dice la madre alla figlia che li vede popolare il quartiere) ma il risultato finale è quello di un film posticcio e tutto esteriore che non riesce mai a cogliere la verità e l’essenza dei personaggi.
Come se il regista e la scrittrice provenissero da altri mondi (emblematiche in tal senso le ripetute e spesso inutili inquadrature dall’alto) e volessero cercare empatia e calore con situazioni e ambienti a loro sconosciuti. Ecco perché tutto suona falso ed artificioso e così a quello che sembra un “Non ti muovere” vol.2 mancano persino la carnalità e la fisicità del cinema di Castellitto. Non basta mettere la Trinca in abiti succinti, truccarla pesantemente e farla parlare in romanesco spinto a dare anima e corpo ad un personaggio al quale non si crede mai sino in fondo. Senza il supporto di un ambiente esterno che sembra popolato da fantasmi (si vedono solo cinesi e due signore romane affacciate al balcone), il film di Castellitto scivola nel moralismo e nella retorica e a dare senso e sostanza alle immagini provvedono così più i brani della colonna sonora (chiusa dal Vasco Rossi di Vivere) che il peso specifico delle inquadrature e dei dialoghi spesso pretenziosi. Possibile che il nostro cinema non abbia nulla di meglio da esportare a Cannes?
Nelle sale dal 20 maggio distribuzione Universal |