Cosa è successo a Jim Sheridan? Possibile che l’autore di capolavori come “Il mio piede sinistro” e “Nel nome del padre” abbia firmato un film così brutto e pasticciato come questo The secret scripture visto oggi alla Festa del cinema di Roma nella sezione ufficiale? Folgorato sulla via del sentimentalismo, uno dei cineasti irlandesi di maggior rilievo (al suo attivo sei candidature agli Oscar e tre ai Golden Globe) trasforma il romanzo lirico di Sebastian Berry (“Il segreto”) in un insopportabile melodramma psichico che vorrebbe spingere alla lacrime lo spettatore e finisce invece per risvegliarlo solo ai titoli di coda.
Un’anziana signora che vive in un ospedale psichico da 50 anni (Vanessa Redgrave alla quale fa da staffetta, nei panni di se stessa giovane, Rooney Mara), un’accusa infamante (la donna è stata ricoverata per aver ucciso il suo neonato ed essere stata ninfomane in gioventù), un amore impossibile, un prete geloso, una vecchia Bibbia sulla quale annotare il diario di una vita e le musiche onnipresenti di Brian Byrne che sottolineano retoricamente ogni sequenza. Avete capito che aria tira insomma, con quella anziana signora che sta per essere trasferita forzatamente in un altro ospedale (la casa di cura sta per trasformarsi in un centro estetico) proprio mentre arriva un nuovo dottore (Eric Bana) che forse non è estraneo alla vicenda…
Tra danze aeree e voci fuori campo, matrimoni con anelli di sigaro al dito al posto delle fedi e paesaggi marini, bagni d’inverno, voglia d’indipendenza (“L’unica donna che può guardare negli occhi un uomo è sua moglie” rimprovera la protagonista giovane il prete che è attratto da lei ma esercita la sua funzione politica) e adozioni forzate della Chiesa irlandese, il film di Sheridan si limita alla messinscena falsamente emotiva tutta primi piani e occhi sgranati e impauriti. Melenso e ricattatorio, noioso e stiracchiato, questo The secret scripture (in Italia verrà distribuito dalla Lucky Red) vorrebbe regalare anche un colpo di scena finale che risulta invece telefonato e poco credibile. La più grande delusione, finora, di questa Festa del cinema di Roma. |