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giovedì 23 febbraio 2023
di Claudio Fontanini
Tavola tavola, chiodo chiodo
Un magistrale Lino Musella fa rivivere Eduardo al Vascello
Un uomo, un attore, un personaggio e un mondo da evocare. Lino Musella è Eduardo De Filippo in Tavola tavola, chiodo chiodo, uno degli spettacoli teatrali più belli ed intensi visti da molti anni in qua.  

Nato dalle riflessioni del talentuoso e appassionato attore partenopeo emerse in tempo di pandemia sulle sorti dello spettacolo italiano, il testo (da un progetto di Musella e Tommaso De Filippo, nipote del grande drammaturgo ed attento curatore dell’eredità culturale di famiglia) è un ritratto artistico a tutto tondo di un uomo di cultura impegnato nella diffusione della bellezza e nelle sue battaglie contro i palazzi del potere che ne decidono ignobilmente le sorti. 

Nella meravigliosa scena di Paola Castrignanò, Musella- accompagnato dalla chitarra di Marco Vidino- dà voce, corpo e anima agli appunti, ai carteggi, agli articoli e alle lettere indirizzate alle istituzioni (da brividi quella al Ministro del Turismo e dello  Spettacolo, Umberto Tupini). Fino a quel toccante e conclusivo discorso al Senato, nel 1982, in difesa dei giovani reclusi dell’istituto di rieducazione minorile Gaetano Filangeri. Perché il mondo potrebbe ancora, oggi più di ieri, essere salvato dai ragazzini. 

Attualissimo e capace di parlare alle nuove generazioni con la potenza dell’arte evocativa e visionaria (lode alla regia dello stesso Musella che dagli oggetti scenici ricava tesori di emozioni), Tavola tavola, chiodo chiodo (il titolo si riferisce alle parole incise su una lapide del palcoscenico del San Ferdinando e che Eduardo fece erigere per Peppino Mercurio, il suo fedele macchinista che lo rimise in piedi dopo i bombardamenti del ’43) è uno spettacolo, per dirla alla De Andrè, in direzione ostinata e contraria

Con parole come sacrificio, lavoro e verità a fare da stella cometa sulla rotta di un teatro che cerca la vita e trova la forma
Ed ecco i tormenti creativi dell’artista e gli stimoli emotivi che soltanto la frequentazione l’ascolto della gente di strada possono regalare; la ricerca di un teatro universale e il sacrificio degli affetti (toccante la lettera al figlio Luca alla vigilia di Natale); il rifiuto dell’affarismo (Il denaro è un trucco), il riconoscimento essenziale dell’artigianato e la tecnica recitativa (magnifica la lezione sulla punteggiatura e la tecnica dei fiati col pubblico chiamato a partecipare attivamente); le telefonate del Teatro Stabile di Napoli per la direzione (il mandato quinquennale…) e le carte firmate col Banco di Napoli (la pubblica utilità questa sconosciuta) per i finanziamenti della ricostruzione del San Ferdinando coi soldi guadagnati al cinema in pegno. 

E quella inscindibile triade regista, autore, attore da tenere sempre a mente per il successo di uno spettacolo. Teatro apolititico? Piuttosto apartitico specifica Eduardo con Musella che impersona intervistatore ed intervistato solo con l’ausilio di un paio di occhiali con lenti chiare e scure. Una prova d’attore magistrale, capace di evidenziare le sottili sfumature psicologiche di Eduardo, ondeggiare tra il poetico, il divertito e i toni da denuncia e di abbattere la maschera del personaggio per farsi carne e sangue viva. Qui, oggi, ora. 

Perché la  situazione comatosa dello spettacolo italiano purtroppo non è cambiata in meglio e il genocidio culturale imposto (voluto?) dal governo in tempi di Covid ha ulteriormente peggiorato il tutto. Senza che nessun Eduardo dei nostri tempi (Il dovere di un intellettuale è quello di andare contro le opinioni comuni) abbia avuto il coraggio di alzare la voce e fatto sentire le proprie ragioni. 

Continuare a stare seduti sui divani e perdere spettacoli come questo non è più tollerabile. Finché ci sarà un filo d’erba sulla terra ce ne sarà uno finto in palcoscenico… Applausi scroscianti e senza fine alla prima. Da non perdere. 

Al Vascello fino al 26 febbraio         


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