Un uomo divenuto incompatibile con l’umanità, un gruppo di parenti in visita per una commemorazione e una folla di pensieri in bilico tra desideri e realtà. Se la solitudine sociale sta diventando una vera e propria patologia, Si nota all’imbrunire- scritto e diretto da Lucia Calamaro e in scena al Quirino fino al 2 febbraio- può essere visto come una sorta di cartella clinica e analisi sociale di una tipologia di smarrimento comune.
Ed ecco un tragicomico omino in vestaglia (Silvio Orlando) aggirarsi di prima mattina nella sua casa di campagna dove opera come medico di un villaggio spopolato. Il giorno prima sono venuti a trovarlo a sorpresa il fratello maggiore citazionista (Roberto Nobile) e i suoi tre figli non proprio realizzati (Vincenzo Nemolato, Alice Redini e Maria Laura Rondanini).
Vedovo da dieci anni, Silvio ha scelto da tre l’esilio volontario dalla vita e metaforizza con un buon numero di manie (su tutte quella di non voler più camminare) la sua condizione psicologica. Isolato, abituato all’assenza e al silenzio (Essere socievoli è terribilmente faticoso) e ormai incapace di amare (Non ricordo come si fa), trascorre le sue giornate in compagnia delle poesie di Caproni, dei versi di Flaiano e S.Agostino e delle note di Rachmaninov.
Ma anche un uomo solo è sempre in cattiva compagnia (Paul Valéry dixit) e così l’arrivo di quella ventata di umori dal passato provocherà- forse- una presa di coscienza definitiva (Mi resto io e non mi basto).
E anche parlare con un mazzo di fiori davanti ad una tomba può essere allora un nuovo inizio.
Con quella casa ormai affollata che diventa un vero e proprio tribunale affettivo per una resa dei conti tra regolatori d’umore e vecchi soprannomi (Da bambino mi chiamavano Grondaia perché piangevo sempre, ora non lo faccio più), prove di abbracci e dittatura della salute, filari di pensieri e imprese impossibili (Nessuno può fare il genitore dei figli grandi), regali da scartare e telecomandi indipendenti.
Ben interpretato da un Silvio Orlando a suo agio nei panni di uno stralunato viaggiatore di un paese interiore, Si nota all’imbrunire -nonostante l’interesse del testo -soffre di una certa staticità scenica che alla caratterizzazione dei personaggi preferisce una sorta di straniamento collettivo.
Peccato perché i monologhi di Orlando (nota di merito per gli originali inviti iniziali al pubblico in sala) sono emozionanti e vibrano di quella dimensione evocativa che avrebbe dovuto caratterizzare l’intero spettacolo. Avremmo preferito il protagonista alle prese coi lampi e gli squarci di una memoria individuale che si fa collettiva e invece la regia della Calamaro sembra ‘accontentarsi’ dell’enunciazione al posto del confronto serrato con lo spettacolo (2h di durata) che soffre qua e là, nei toni e nei ritmi, di una certa ripetitività.
Resta in eredità allo spettatore la bella lezione morale di uno spettacolo attualissimo che incita al ritorno alla vita e alla condivisione di un evento. A pensarci bene proprio quello che avviene in una sala teatrale.