Ridere dei nostri tempi con intelligenza e acutezza riuscendo persino a saltare lo steccato ideologico del politicamente corretto. Riesce in quella che ormai è da definire una vera e propria impresa artistica Paolo Hendel, in scena fino al 4 febbraio al teatro Vittoria con Niente panico.
Scritto da Hendel con Marco Vicari, la regia è di Gioele Dix, il nuovo spettacolo del comico toscano intende esorcizzare attraverso il sorriso il momento non proprio esaltante della nostra umanità alle prese con la recessione globale, il clima impazzito e una terza guerra mondiale che è più di una minaccia.
C’è poco da stare allegri ed Hendel, 72 anni compiuti lo scorso gennaio, mostra per la prima in scena il suo lato malinconico e nostalgico verso un passato che almeno dava l’illusione della speranza in un mondo migliore.
Si comincia con la constatazione che gli amici di un tempo se ne stanno andando (I numeri dei morti vanno tolti dalla rubrica del cellulare? E se rispondessero lo stesso alla chiamata da morti? In fondo col 5G arriva dappertutto…) e che siamo provvisoriamente vivi, con Hendel che tra pubblico e privato mette in scena ansie e fragilità in direzione ostinata e contraria.
Ed ecco le manie igienizzanti del post pandemia (con i pranzi di Natale come ricettacolo di batteri e germi) e le previsioni meteo catastrofiche (La sciabolata artica? Ma che arriva Goldrake…), le interviste impossibili di Renzi e i libri di Vannacci, il coming out degli eroi dei fumetti e un accenno al trionfi la giustizia proletaria dalla Locomotiva di Guccini.
Con Hendel che fa visita ad un amico ricoverato in un ospedale (Sono 11.000 i morti da infezioni letali ricorda l’attore) nell’attesa che torni a parlare e intanto rievoca il padre esibizionista che girava in calzoncini corti e a torso nudo facendolo vergognare. Magari un giorno finiremo tutti le nostre vite come un fuoco artificiale che esplode in aria senza lasciare tracce ma intanto l’ironia e l’amore sono ancora gli antidoti più efficaci contro il panico.
Ce lo ricorda questo monologo riflessivo e divertito che termina con un omaggio commosso all’amico Sergio Staino (Sono il raccattapalle del mio destino ha detto prima di morire lo scorso ottobre dopo 10 mesi di ospedale) e l’Io ti amo di Stefano Benni (un cavallo di battaglia di Hendel) dal finale irriverente.