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lunedì 7 aprile 2014
di Silvia Di Paola
Il ritorno di Peter Del Monte
Il regista sceglie Laura Morante come alter ego femminile in "Nessuno mi pettina bene come il vento"
Una storia al femminile raccontata, sullo sfondo del mare d’inverno, da Peter Del Monte attraverso la figura di una donna e di una bambina. Quasi un invito ad abbandonarci alla vita, ed ad aprirci verso gli altri, riassunto poeticamente nel bellissimo verso di Alda Merini Nessuno mi pettina bene come il vento. Il regista ha scelto questo verso come titolo del suo ultimo film che arriva dopo ben sette anni dall’ultimo Nelle tue mani. Scelto ma partendo da un piccolo frammento della sua vita quotidiana: “Anche io come la protagonista ho una casa al mare e sono stato infastidito dai ragazzi che facevano chiasso in piazzetta e mi son trovato con mia figlia, allora undicenne, che li guardava ammirandoli” chiosa lui che del suo ritorno al cinema dopo una non breve parentesi di sette anni ha questo da dire: “Non è che non voglio fare i  film, è che non mi danno i soldi per farlo. Ci ho pensato ben cinque anni fa ma una commissione di incompetenti messi li dal solito sottobosco politici, ai tempi c’era il ministro Galan, mi assegno il minimo assoluto. Una volta ai tempi di Walter Veltroni queste commissioni piene di amanti del cinema e intellettuali funzionavano, ora di fatto gli intellettuali lì sono dei collaborazionisti, senza peso”.

Premesso ciò, film alla fine è stato, protagonista Laura Morante, che 24 anni fa aveva già lavorato con Del Monte ma, come dice oggi, “per poco, in realtà lo conoscevo solo perchè era un amico di Nanni Moretti. Solo su questo set l’ho conosciuto davvero” e che, dopo aver esordito in regia, ama ancora recitare ma giura di esser diventata più esigente “per cui mi riesce più difficile di prima aderire a un progetto se non mi convince davvero. Recito se sono trascinata dal copione. Altrimenti meglio la regia. Sto già lavorando a un’altra commedia che spero sarà pronta per settembre”.

Ma perchè Del Monte ha voluto proprio lei nei panni di un  se stesso al femminile?
Dovendo pensare a una intellettuale lei mi sembrava una delle poche attrici italiane credibili in questo e in più lei suggerisce allo spettatore una sua zona d’ombra che la mette a disagio. Ho scelto lei perché mi serviva una donna un po’ orso e per nulla suscettibile”. E la Morante: “Io non faccio che fare gaffes in realtà, è successo anche con lui ma anche lui per fortuna non è per nulla suscettibile”.
Mentre è bastata una rapida lettura della sceneggiatura al giovane Jacopo Olmo Antinori per capire che voleva “assolutamente entrare nei panni di un personaggio che mi somiglia davvero molto”.

E tutti, anche la giovanissima Andrea Denisa Savin, raccontano le loro solitudini, nel senso, spiega la Morante, “che nel film sono tutti soli e tutti hanno pregiudizi, anzi la loro stessa solitudine fa parte dei pregiudizi. La scrittrice che io interpreto ha pregiudizi verso la ragazzina ma anche i giovani ne hanno verso di lei, almeno finché qualcosa cambia e nessuno sarà più esattamente ciò che era all’inizio della storia”.
Quanto le appartiene quella solitudine? “Poco, sono cresciuta in una famiglia numerosa, sempre con gente dentro casa e nel caos, ho avuto anche figli giovane, quindi non so cosa sia. Amo però anche poter star sola ma con la gente a portata di mano. Però penso anche che oltre a parlare bisogna toccarsi, abbracciarsi, avere un contatto fisico, anche i silenzi servono”.

Ma il suo personaggio come cambia?
Cambia per l’ostinazione della ragazzina che torna da lei anche dopo che il padre l’ha portata via. E la bambina le suggerisce una prospettiva cui lei non ha pensato. Per pregiudizio appunto. Sino a quel minuto non ha mai pensato neppure di avvicinarsi a comprendere il punto di vista dei ragazzi che stanno in strada. Lei si sente sfidata e non vuole perdere. E recitare con i giovani per me è stato importante. Cerco sempre di non cadere nei mie stessi cliché. Non mi piace guardarmi allo specchio mentre recito e mi piace cambiare, a differenza di molti attori. I ragazzini però la freschezza che io cerco disperatamente dopo 35 anni di recitazione ce l’hanno naturalmente. Significa che il mestiere è bello ma uccide la spontaneità: va usato con cautela perché può essere un handicap".

"Un attore che ti da la sensazione di non camminare piu sul filo ma su una trave larga non ti trasmette piu nulla. Un attore dovrebbe sempre dare la sensazione di camminare sul filo, altrimenti non ti da emozioni, Ecco io anche recitando con questi giovani ho cercato di camminare sul filochiosa la Morante.
E tutti giurano, anche i giovani  protagonisti di aver tentato di camminare su un filo. Ma senza voler morire: “Quando ho detto agli attori che sarebbero dovuto morire insieme ho trovato un’opposizione netta, tanto che ho dovuto togliere questa morte per opposizione degli attori, come già successo per Compagna di viaggio. Forse mi hanno salvato”.

 
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