Sognare è l’ultimo dei lussi che ci possiamo/dobbiamo concedere. E’ un lusso ma non costa nulla, il prezzo si paga semmai quando decidiamo di tradurre qualche scampolo di sogno in realtà. Allora sì, il prezzo si fa altissimo. Ma Renato Zucchelli, ultimo pastore nomade della Lombardia che ha scelto il suo lavoro assecondando il sogno (gioiosamente anacronistico per un uomo nato nella provincia milanese) di vivere solo in mezzo alla natura e, soprattutto, accanto agli animali, almeno uno dei suoi sogni lo realizza: portare un gregge di 700 pecore sotto il Duomo di Milano. Un francobollo di antico incastrato nella metropoli.
E la sua storia è questo film, L’ultimo pastore di Marco Bonfanti che confessa: “Renato mi è sembrato da subito l’orco buono delle favole. La sua purezza e innocenza hanno ispirato la storia di questo viaggio bizzarro, facendomi tornare bambino con lui. Ho scritto la sceneggiatura con dei dialoghi precisi , cercando di riflettere sul concetto di libertà del nostro secolo e il risultato è il racconto poetico e stralunato di un pastore che si largo come un Don Chisciotte del terzo millennio fra palazzi, grattacieli e un progresso per lui incomprensibile”.
Insomma un canto d’immagini e musica (bellissima e perfetta colonna sonora di Danilo Caposeno) che incornicia il viaggio dalla campagna profonda per le strade di Milano sin dentro al cuore della città, viaggio pazzo e follemente eroico di un gregge assieme al suo pastore, appunto viaggio donchisciottesco ma senza la surreale tristezza che si respirava tra i mulini a vento.
Qui si respira aria pura anche se siamo tra i tram di Milano, vita sporca di terra e animale, quindi vera verissima, ma l’amarezza sta nell’attrito tra l’atavico istinto e desiderio del pastore e la contemporaneità del progresso tecnologico. Tra ciò che eravamo e ciò che siamo diventati. Mentre i bambini di ogni tempo stanno a guardare. E il pastore è per loro che vuol portare il suo gregge nel cuore frenetico della città: per suggerire ai bambini di percepire il mondo attraverso l’istinto ed amare in modo empatico tutto e tutti.
Il sogno di Renato è questo e lui diventa il Pastore di nuvole come recita la canzone scritta e interpretata da Luigi GrechiIl per realizzare una scena del film, anzi la scena madre del film in cui compare un gregge di oltre settecento pecore in Piazza Duomo a Milano.
E’ il primo ottobre 2011 ed è l’immagine simbolo di uno dei film documentari più sorprendenti dell’anno, presentato all’ultimo Torino Film Festival, protagonista di un vero giro del mondo, applaudito ospite delle kermesse di Tokyo, Dubai, San Francisco, Chatam/New York, Portland, e in questi ultimi giorni Mosca e San Pietroburgo e di un caso al botteghino a Milano, fino a oggi un mese e mezzo di repliche e che da giovedì arriva nei cinema d’Italia, in nome di un mondo più attento all’ambiente. Una favola contemporanea. Come dice il regista: “Renato Zucchelli ha attirato la mia attenzione per il suo modo di vivere fiabesco e l’esemplarità della sua esistenza. Quando ho scoperto che si muoveva ancora con il suo gregge per la città ho pensato subito che poteva rappresentare davvero un mondo in via di estinzione, che potesse essere un simbolo dell’Occidente e della sua corsa inarrestabile verso il progresso e insieme un monito”.