Stessa scenografia, stessi interpreti, stesso testo eppure tutto sembra mutare, la seconda volta. Uno spettacolo teatrale (così come un’opera d’arte pittorica) può aprire spiragli, nella mente dello spettatore, sempre diversi, ogni volta che si ha modo di rivederlo.
Una storia d’amore, pièce tratta dal carteggio tra lo scrittore Anton Cechov e sua moglie, l’attrice Olga Knipper (ben 400 lettere), in tournée per la seconda ripresa, scivola sul palco leggera, fra ritmi, pause, riflessioni, tristezze, sorrisi. Le parole delle missive non appaiono “lette”: si ha la sensazione che volino, ballando tra commozione e dolcezza, da una parte all’altra di quella scena doppia. Lui medita, scrive, soffre per la sua malattia (la tisi, che lo porterà alla tomba poco più che quarantenne) - senza mai troppo dirlo, però… - e per il forzato ritiro a Yalta, muovendosi tra una finestra, una scrivania appena illuminata ed una stufa.
Lei, volitiva, sfavilla con la sua esuberanza, nei camerini dei teatri dove interpreta i personaggi che Anton cerca di ‘cucirle addosso’..
Si muove tra ansie, successi, critiche, applausi. Mai, tuttavia, abbandona il suo Anton: “Non ti arrabbiare, caro.. Scaccia lontano da te i pensieri inutili… Scrivi e ama ciascuna tua parola, ciascun pensiero, ciascuna creatura che coltivi e sappi che tutto questo è indispensabile all’umanità… Non scoraggiarti, scrivi la pièce ti supplico! Io ti comprendo tutto, profondamente… ti sento…”. Così lo sprona Olga quanto talvolta in lui si smorzava la spinta a scrivere le opere. Opere che ‘appartenevano’ ad entrambi e costituivano quella trama via via sempre più fitta che rafforzava e donava nuova linfa al loro già appassionato amore.
Si percepisce appena dalle parole (poche, in verità, come Cechov voleva: “La brevità è sorella del talento”) e da poche battute, il mondo che li circonda. E’ un’epoca di forti contraddizioni e cambiamenti, falsi moralismi e i segni già palesi di un’imminente rivoluzione. Tutto, intanto, è solo sapientemente citato perché, su tutto, domina la loro ‘storia d’amore’. Diversamente non poteva intitolarsi, questa pièce. S’incontrano quando possono, Anton e Olga: passeggiano in riva al mare, ‘posano’ per foto di rito in incontri mondani ammiccando sorrisi sornioni perché sanno che quello che conta davvero è il loro legame. Così semplice, così tenace da superare le difficoltà della lontananza, le critiche dei benpensanti, il dolore.
Il letto, al centro della scena, bicolore come le loro vite parallele ne è un po’ anche il simbolo. Lì, i tanto desiderati incontri carnali; lì le tenerezze e gli sfoghi, le paure, le speranze, i rimorsi. E sempre le parole diventano azioni e le azioni diventano parole, semplici, come quelle di tutti gli innamorati, di tutte le epoche…..
Non facile ‘ridurre’ ben 400 lettere dense di particolari del quotidiano, nonché di umori e sensazioni. La regista Nora Venturini ci è riuscita bene, attraverso dialoghi fatti di frammenti di parole dirette o oblique, di rotture di tono, di slittamenti, di divagazioni, in un ordine che sembra essere quello della vita stessa. La storia assume inoltre una connotazione, se si vuole, anche gioiosa: il tema della morte del protagonista, prevista e consapevolmente attesa, ‘mai’ incombe sulla scena, nemmeno quando arriva, improvvisa.
Olga, infatti, lo ‘evoca’ soltanto, quel distacco, che non sarà mai definitivo: il loro amore continuerà a vivere, attraverso il Teatro e le lettere che scriverà ad Anton per gli anni a seguire pur se lui non c’è più.
Questo, in fondo, lo scrittore Anton Cechov voleva fosse un’opera teatrale: un racconto di vite ‘suggerito’ da piccoli, essenziali cenni; un realismo immaginato ed immaginabile. Tutto lo spettacolo - oltre che dai bei costumi di Bruno Buonincontri, dalle luci di Raffaele Perin, dalle musiche di Pasquale Scialò, e dalle voci fuori campo di Ludovica Modugno e Pierfrancesco Poggi - attinge la sua suggestione e la sua coinvolgente carica emotiva dalla generosità interpretativa degli attori.
Lorenza Indovina dona alla sua Olga il brio e la passionalità dell’attrice del nuovo teatro russo. Giulio Scarpati convince ancora una volta per la sua salda, pacata, ma energica espressività di bravo interprete di teatro padrone della scena; lascia trasparire, tra alterni toni, il lavoro minuzioso sul suo personaggio. C’è l’uomo Cechov, e la sua dignità di fronte al dolore, una dignità che è assolutamente umana prima che artistica.
“Prendi qualcosa dalla vita reale, d’ogni giorno, senza trama e senza finale” diceva lo scrittore: Cechov seppe dipingere la vita così com’era facendo, proprio della letteratura uno strumento fondamentale di rivendicazione di uno dei beni più preziosi dell’ umanità: la libertà.
E qui la libertà, la leggerezza dell’amore, della gioia ma anche, paradossalmente, della sofferenza sono ‘date’ a piene mani.
Si va via, a fine spettacolo, con la piacevole convinzione che il teatro può ancora, per fortuna, profondamente emozionare!
Una storia d’amore
Fino al 1° aprile
Teatro della Cometa - Via del Teatro Marcello, 4 - Roma
Tel. 06.678.43.80
Orario: dal martedì al venerdì ore 21.00 - sabato ore 17.00 e ore 21.00 - domenica ore 17.00. Il 3° giovedì di programmazione lo spettacolo è alle ore 17.00 (turno pomeridiano)
Biglietti: platea 22 euro, 1° galleria 18 euro, 2° galleria 16 euro.