Una lunga storia che, partendo dalla celebre opera Alice nel paese delle meraviglie - che Lewis Carroll dedicò alla piccola Alice Liddell, figlia di un suo amico decano della Chiesa di Cristo - e attraverso un “viaggio che somiglia più ad un cavaturaccioli che ad un sentiero”, arriva ad analizzare il mondo in cui viviamo e che, proprio come quello dell’autore inglese, “è solo un gioco illusorio di ombre e di luci dove si può entrare attraverso una screpolatura dell’aria, un foro della terra o un’improvvisa debolezza nella superficie di uno specchio”.
Quella bambina bionda diventa così il simbolo di tanti viaggi ed avventure che percorre non soltanto nei paesi delle meraviglie e attraverso gli specchi della fantasia. Alice è la protagonista dei racconti di molti autori degli anni Settanta: è l’Alice di De Gregori che “guarda i tetti”; “che si fa il whisky distillando i fiori” nella Storia di un impiegato di Fabrizio de André, ed ancora quella nel cui ristorante non andava nessuno, secondo l’Equipe 84. Alice è anche il più visionario - e allo stesso tempo meno infantile - dei film di Walt Disney e, contrariamente ad un altro noto personaggio disneyano, Peter Pan, sta benissimo: quest’ultimo, infatti, ha addirittura dato il nome ad una sindrome, al fine di giustificare l’incapacità, tutta maschile, di fare le cose e di crescere. Alice è anche il nome di tante, tantissime bambine di oggi; “è tutte quelle ragazze che ad ogni età ed in qualsiasi situazione, si sentono vagamente a disagio, fuori luogo, troppo magre o troppo grasse”, afferma Lella Costa.
Insomma, Alice è molto più del personaggio carrolliano: è un essere che, grazie alla propria immaginazione e alla capacità di osservare con perfetto candore la realtà, diventa il passepartout che apre le porte del mondo contemporaneo mettendone in evidenza le mille contraddizioni.
Quella portata sul palcoscenico attraverso la grande interpretazione di Lella Costa è, infatti, una donna che parla non tanto delle meraviglie, quanto della capacità di meravigliarsi. “Alice”, spiega il regista Giorgio Gallione, “è inseguire una specie di speranza disperata, consapevoli che talvolta viviamo prigionieri dei sogni altrui e che la ‘meraviglia di paese’ in cui viviamo spesso è nient’altro che un mondo odioso e sgarbato, popolato da re e regine malvagie e da ciclopi ipnotizzatori col volto a forma di monoscopio”.
Accompagnata dalle musiche del giovane talento del jazz, Stefano Bollani, ed avvolta da una essenziale e suggestiva scenografia in cui le creazioni dello stilista Antonio Marras evocano la poesia del racconto, Lella Costa alterna passaggi di sottile e pungente ironia nei confronti dell’attuale realtà politica a momenti drammatici e di grande sensibilità. Riportando alla memoria quella tragica giornata di settembre a Beslam che per decine e decine di bambini doveva rappresentare un giorno di festa, e più semplicemente il primo giorno di scuola, racconta il dolore di chi riuscì a scappare da quell’atroce attacco terroristico fino ad esporre i dati globali della sofferenza infantile emessi dall’Unicef nell’ultimo rapporto. A testimonianza del suo personale impegno civile a favore di Emergency (nel foyer del teatro è stato allestito un punto informativo), l’attrice porta l’attenzione, con cifre che rimbombano nella testa di ogni spettatore, sull’inferno in cui vivono i bambini: il 55 per cento dei nati nei Paesi in via di sviluppo (circa 50 milioni, Cina esclusa) non vengono registrati alla nascita: per il mondo non esistono e non esisteranno mai. Milioni di orfani e bambini di strada privi delle cure dei genitori, sfruttati dal mondo del lavoro. Un bambino, al di sotto dei 15 anni, che ogni minuto muore di Aids…
“Carroll, all’inizio del suo celebre racconto scriveva: ‘lascia da parte il tempo se vuoi capire questa storia’. Una bella sfida per chi, come me, del tempo è prigioniero”, dice ancora Giorgio Gallione. Ed è forse per questo che, in chiusura dello spettacolo, l’attrice abbandona se stessa e lo spettatore ad “un tempo infinito, per sognare”. E in un silenzio assordante che parla più di mille parole, in un buio nero che illumina le coscienze, cala il sipario.
Si replica fino al 22 gennaio.