In tempi di peste non si può che raccontare la peste. Come un monito. Che arriva da veterani come gli ultraottantenni registi Paolo e Vittorio Taviani che si sono ispirati al Decamerone di Boccaccio e sono partiti dal racconto di quella peste ma con l’idea in testa della peste di oggi: “Certo noi siamo toscani e Boccaccio è un nostro compaesano, abbiamo convissuto con lui fin da piccoli e l’idea di portarlo al cinema ce l’abbiamo da sempre, da quando abbiamo iniziato a far cinema. Ma non è solo per questo che lo abbiamo scelto. Semmai proprio pensando a quello che succede oggi, pensando all’orrore della nostra Italia e non solo dell’Italia, all’orrore di un mondo in cui uomini dell’Isis in abito nero tagliano la testa ad altri uomini in abito arancio".
Un mondo "in cui onde alte 8 metri travolgono imbarcazioni piene di migranti e pensando a un paese come il nostro dove il 40 per cento degli elettori ha dichiarato che non voterà, ci siamo detti che purtroppo la peste è tornata, anche se in forme diverse. Abbiamo aggiunto i ricordi delle nostre nonne alle prese con la spagnola e costruito questa peste da cui escono 7 ragazze che decidono di sopravvivere e scelgono di andarsene, anche se si uniscono tre ragazzi il nostro è un film femminile e la scelta è sempre delle donne. Forse anche per questo il film è portatore di una certa sensualità”. E così ecco Maraviglioso Boccaccio, dal 26 nei nostri cinema cast ricchissimo, da Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Vittoria Puccini, Michele Riondino, Kim Rossi Stuart, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Jasmine Trinca a Lello Arena.
Riecco Boccaccio. Riecco il Decamerone. Riecco la fuga dalla peste perchè la peste anche oggi è dappertutto. E riecco i magnifici fratelli, Paolo e Vittorio, che, reduci dalla vittoria nel 2012 al Festival di Berlino con Cesare deve morire, portano sullo schermo cinque novelle boccaccesche, dopo esser tornati a girare nella loro Toscana a Badia, Settimo, Montepulciano e in una villa sopra Firenze e dopo aver scelto per l’anteprima del film non la Berlinale, appena conclusa, ma la città di Firenze. Ed è un film come una sfida alla morte: “Raccontiamo questa storia, anzi queste storie, ispirate molto liberamente al Decamerone, perché accettiamo la sfida: ai colori cupi della peste, che ieri come oggi, in varie forme, è dappertutto, contrapponiamo i colori trasparenti dell’amore, dell’impegno, della fantasia”.
E fantasia ce ne hanno messa tanta gli attori. Da Kim Rossi Stuart che racconta: “Ho implorato i Taviani di farmi fare Calandrino, avevo la sensazione che avesse un potenziale espressivo di un certo tipo, di ruoli romantici ne ho fatti abbastanza ed era bello potersi immergere in un elemento ludico della recitazione. Sono partito dai capelli perchè non era una parrucca come tutti credono ma sono proprio i miei capelli, e poi è venuto il resto. In questo Calandrino c’era qualcosa di molto significativo dei vizi umani, il servilismo e la scarsa fiducia in se stessi dentro cui cova qualcosa di infernale e bestiale” a Lello Arena che confessa: “Fare Tancredi ha significato prendersi addosso con grande gioia una rogna incredibile ed è stato complicato renderlo umanamente ragionevole. Questi due signori col loro cinema hanno cambiato la mia vita, ed è con grande devozione che mi sottopongo alle loro torture perchè sul set è stata una tortura inaudita".
"E’ vero che loro ci dicevano “portate, metteteci del vostro” - chiosa Lello Arena -, ma poi era sempre “facciamo il film che vogliamo noi”. "E’ il terzo film in cui mi fanno fare la parte di un assassino terribile, forse profetizzano un mio futuro da serial killer”. E sino a Jasmine Trinca che regala una sintesi perfetta: “La forza del film è nel riproporre un classico che non passa mai. La peste rappresenta una fase di stallo, ma prelude anche al risveglio del desiderio di creare comunità e di raccontare. E tutto questo non passerà mai”. Nelle sale dal 26 febbraio distribuito da TEODORA
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