Dopo una serie di successi professionali all’estero, un architetto donna di origini abruzzesi (una Paola Cortellesi in gran forma) decide di tornare in Italia. Sarà la nostalgia canaglia di un piatto di spaghetti al basilico o la noia di un clima uggioso ma quella di Serena è una vera e propria scelta rivoluzionaria. Altro che fuga di cervelli, l’Italia chiama e al cuore non si comanda. Ma a Roma il lavoro scarseggia e così la nostra eroina si deve accontentare di eccentrici impieghi nel triangolo Dragona-Capena-Morena e di un part-time serale come cameriera in un ristorante gestito da un affascinante e imperturbabile Raoul Bova che in realtà nasconde la sua natura omosessuale.
Complice un furto di motorino a Corviale ecco l’illuminazione: un nuovo progetto di riqualificazione urbana per il piano libero del cosiddetto Serpentone (in realtà esiste davvero, è firmato da una donna e dovrebbe essere realizzato nel 2015). Come vincere in un mestiere a prevalente e prevaricante componente maschile? Semplice, basta farsi passare da segreteria di un architetto uomo e il gioco è fatto. Ma se nei panni di quel geniale inventore finisce proprio quel gay più interessato agli incontri clandestini che all’efficienza professionale, gli equivoci e la farsa sono dietro l’angolo.
Scritto a dieci mani dal regista e dalla Cortellesi (compagni nella vita) insieme a Giulia Calenda, Furio Andreotti e Ivan Cotroneo, Scusate se esisto! parte benissimo mettendo in scena temi d’attualità sociale (la crisi del lavoro, la presunta sottomissione femminile) filtrati dalla lente della commedia briosa e civile. Quella nella quale divertimento e riflessione si mescolano nella stessa sequenza e nella quale si riflettono una società e le sue contraddizioni.
Tra scolapasta a forma di stivale e irresistibili parenti abruzzesi, dimissioni per future gravidanze da firmare in bianco e handicap sessisti da superare (“Se va bene ci faranno scegliere tende e piastrelle…” dice alla Cortellesi una collega architetto alla presentazione dei progetti), il film di Riccardo Milani- che riunisce la coppia Bova-Cortellesi dopo il successo in Nessuno mi può giudicare- dà il meglio di se grazie alla fluidità della sceneggiatura e all’affiatamento degli interpreti.
Peccato che a lungo andare il film si sdoppi sulla strada della inutile caricatura dell’ambiente gay (quelle sculture da tavolo equivoche non si vedevano dai tempi di Cornetti alla crema…) preferendo la risata facile e colorata allo sviluppo dell’intreccio. Si finisce insomma dalle parti del Vizietto con Bova chiamato pure ad accudire per quindici giorni il figlio avuto dalla ex moglie e che non sa della sua omosessualità.
E così tra ribaltoni e riunioni teleguidate, finti collegamenti dal Giappone e irruzioni casalinghe, il personaggio più centrato e problematico del film diventa quello interpretato da una misuratissima Lunetta Savino nei panni di una segretaria impeccabile e sottostimata dal capo sfruttatore (Ennio Fantastichini). Emblema di quella femminilità silente ed alacre che attende solo un segnale per mettersi in luce e rivelare tutta la sua competenza. Nelle sale dal 27 novembre con 01 DISTRIBUTION
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