La violenza domestica raccontata attraverso il genere (il noir) ed evitando accuratamente le insidie del film manifesto. Succede in Una storia nera, il secondo lungometraggio dietro la macchina da presa di Leonardo D’Agostini (Nastro d’Argento nel 2019 come miglior regista esordiente per Il campione) che sceglie Laetitia Casta per incarnare il ruolo non semplice di una donna capace di passare da vittima a carnefice per riprendersi la propria vita.
Sposata da 23 anni con un marito violento (Giordano De Plano, abbonato ai ruoli da cattivo), Carla ha deciso di dire basta a soprusi e maltrattamenti. Ora frequenta un altro uomo (Mario Sgueglia) e l’unico legame con l’ex marito sono i tre figli. Nicola (Andrea Carpenzano), Rosa (Lea Gavino) e la piccola Mara (Carola Orlandani).
Vittime di una tragedia annunciata che si manifesta in tutto il suo orrore il giorno del quinto compleanno dell’ultima arrivata. Voluto in casa della madre dalla bambina (ma sarà andata così?) quel padre ingombrante- che continua a seguire le mosse del nuovo partner della moglie- sparisce nel nulla dopo la festa senza lasciare tracce.
Trovato cadavere venti giorni dopo sulle rive del Tevere con due colpi di arma da taglio, sarà Carla ad autoaccusarsi dell’omicidio (per legittima difesa dice la donna) innescando un’indagine a ritroso da parte della giustizia (nei panni del Pubblico Ministero c’è Cristiana Dell’Anna) che dovrà fare luce su ciò che è realmente successo quella notte.
Tra cambi di prospettiva e il sottile confine tra bene e male che rischia di essere oltrepassato, D’Agostini si muove tra flash back e rivelazioni in una sorta di Anatomia di una caduta italiana. Con quel senso di violenza ineluttabile che affiora tra le maglie bucate di una giustizia farraginosa e che spesso giudica prima di capire (In un processo non è importante cosa è vero e cosa è falso, conta ciò che pensano i giudici dice l’avvocato dell’accusata) e la sensazione di una vendetta privata da sopravvivenza che scatena il dibattito a fine proiezione.
Ce la mette tutta la Casta a rendere credibile il suo personaggio ma quell’aria forzatamente dolente sul viso (soprattutto nelle sequenze in carcere) e la mancanza di quello scatto di personalità decisivo al compimento del suo piano fanno venire in mente cosa sarebbe questo film con un’altra attrice nei suoi panni.
Tratto dall’omonimo romanzo di Antonella Lattanzi (edito da Mondadori) che ha scritto la sceneggiatura con D’Agostini e Ludovica Rampoldi.
In sala dal 16 maggio distribuito da 01