Un amore fuori dalle regole in bilico tra arte e vita, una passione travolgente che scatena sensi e ispirazione pittorica, un’unione indissolubile capace di superare tradimenti e bugie. Non è il solito biopic a fondo storico questo Ritratto di un amore firmato da Martin Provost e passato lo scorso anno a Cannes nella sezione Première.
Anticonvenzionale e puntato sulla misteriosa e burrascosa relazione di coppia tra Pierre Bonnard (Vincent Macaigne), uno dei più grandi pittori francesi del XX secolo che ha contribuito a creare un ponte tra l’impressionismo e l’astrazione esplorata dai post-impressionisti, e la sua enigmatica musa Marthe de Méligny (una magnifica Cécile De France), il nuovo film del regista di Séraphine e Violette inquadra il ruolo della donna di fine ‘800 attraverso la personalità e i comportamenti di un personaggio capace di ribellarsi alle convenzioni d’epoca.
Dal primo incontro del 1893 nello studio parigino del pittore- con Bonnard che invita l’insofferente e seducente modella a mostrare il seno- all’ultima carezza del 1942- con la donna, diventata moglie malata e smemorata, che spira nel suo letto mentre il marito promette di disegnarle il mandorlo di nuovo in fiore- Ritratto di un amore è la storia di un sentimento in trasformazione ma incapace di cessare definitivamente negli anni.
Con quella commessa di un negozio di fiori artificiali divisa a metà tra sincerità e mitomania (Martha si finge al pittore una nobile decaduta) e il pittore famoso che ne farà una diva inconsapevole ritraendola (per lo più nuda e col volto sfocato) in un terzo dei suoi dipinti. Mentre i sentimenti e la voglia di notorietà non vanno a braccetto (lui frequenta il beua monde parigino, lei lo pretende e lo reclude ad una vita naturalista a La Roulotte, la casa sulle rive della Senna in Normandia) e un terzo incomodo (una giovane modella francese di origini italiane) verrà vampirizzato dalla coppia nel tentativo di ritrovare antichi slanci erotici ed artistici.
Intanto scoppia la guerra, i figli non arrivano (Bonnard detesta la vita borghese), Martha soffre di attacchi asmatici (bellissimo il primo orgasmo col piacere che diventa dolore facendosi manifesto di tutta la relazione a venire) e il pittore della felicità (così veniva etichettato Bonnard) aspira a tormenti caravaggeschi.
Emozionante ed elegante, intimo e moderno, Ritratto di un amore è la rappresentazione plastica di un’ossessione, rivelata solo in parte da luci e colori sulla tavolozza. Una febbre creativa alimentata da sensi di colpa e impulsi violenti messa in scena con la forza del grande cinema dei sentimenti.
Quello fatto di piccoli dettagli rivelatori, di sguardi che dicono tutto e di un sottotesto esemplare in cui si nasconde il cuore di questo film straziante e libertino. Con visite a sorpresa (Claude Monet, amico di Bonnard e in cerca di ninfee da rappresentare) e la critica esemplare a quel gioco sociale che fa della visibilità la propria essenza. E un viaggio di sola andata verso la follia col quale sfidare le regole del tempo.
In sala dal 16 maggio distribuito da I Wonder Pictures