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martedì 21 ottobre 2014
di Silvia Di Paola
Risi e il mestiere d’attore
Il cineasta parla del suo nuovo lavoro "Tre tocchi" in Gala al Festival del Film di Roma
La disperazione in veste d’attore. Perché “l’attore è il precario per eccellenza, lavora solo se qualcuno lo chiama e,dopo ogni film, ricomincia. Perciò chi meglio dell’attore può raccontare la disperazione, la frustrazione e l’ansia?”. Così parla Marco Risi che presenta il suo Tre Tocchi in Gala al Festival, tutta una storia di attori nei panni di sé stessi.
Attori di successo e attori che nessuno vuole, attori per sbaglio o attori ad ogni costo, attori per fuggire da qualcosa o attori per caso.

Il film è tutto loro (molto più che dei vari Argentero, Giallini, Claudio Santamaria, Maurizio Mattioli, che si sono offerti in cameo, della Lodovini al terzo film al Festival ma in piccolo ruolo e di Francesca Inaudi) e loro sono Leandro Amato, Emiliano Ragno, Vincenzo De Michele, Massimiliano Benvenuto, Antonio Folletto, Gilles Rocca, Gianfranco Gallo, tutti attori in un modo o nell’altro e tutti impegnati nel film a raccontare di fatto la loro storia, più o meno romanzata ma pur sempre la loro storia.

Sei storie e un solo filo di congiunzione che è il calcio. E’ da lì che arriva l’idea. Dagli spogliatoi precisamente.
Come racconta Risi: “Vedere negli spogliatoi la squadra di calcio degli attori lanciarsi battute feroci e cattiverie mi ha sempre divertito ma l’idea del film mi è venuta un giorno da un ignoto aspirante attore che mi ha quasi assalito chiedendomi di fargli almeno un provino. Non glielo ho fatto ma lui mi ha ispirato un film in cui racconto tutte storie vere. Romanzate ma vere

Sono attori ma, come dice Risi, "potrebbero essere operai o qualunque altra cosa, ciò che conta è la storia di un pugno di persone che molto si disperano ma anche molto sperano” dice Risi e replica a chi lo accusa di non aver messo nessuna donna nel film, se non un paio di soggetti pure comparse e pronte a essere stuprate.
Certo che apprezzo anche le donne attrici ma questa è una storia di uomini, una storia nata sul campo di calcio e negli spogliatoi”.

E comunque “è un film sull’esistenza e sulla precarietà dell’esistenza ed è interpretato da uomini ma il femminile esiste anche qui, il contatto col femminile è fortissimo. E poi gli uomini escono distrutti dal film, quindi il film è tutto tranne che maschilista”.
E sugli attori del film vorrei dire: “Non so perchè sono attori che non stanno in prima fila mentre in Italia ci sono in prima fila attori che dovrebbero stare in seconda o anche in terza fila. Mi auguro che il film li aiuti ad andare in prima fila”.


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