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venerdì 17 ottobre 2014
di Silvia Di Paola
Moore: Alice e l’Alzheimer
Prova da Oscar per Julianne Moore che in "Still Alice" incanta il Festival di Roma
Hanno parlato con medici, addetti ai lavori, malati, familiari di malati, associazioni, gruppi di sostegno, gruppi di assistenza. Tutto per sapere di cosa parliamo quando parliamo di Alzheimer.
E Wash Westmoreland, regista di Still Alice in Gala al Festival sa di cosa parla perchè il suo compagno e coregista Richard Glazer è un malato di SLA: “Nonostante le difficoltà e il peggioramento di Richard che non è più in grado di parlare e di muoversi ma ha partecipato con l’iPad alla regia e in modo molto efficace, come un regista a tutti gli effetti. La produzione gli ha permesso di continuare a lavorare e pochi come lui hanno sentito il senso della storia del film, anche se le due malattie sono molto diverse”.

Ed ecco allora la storia di Alice, donna di successo , moglie, madre, nota prof di linguistica che, a un certo momento, inizia a dimenticare le parole. E’ una forma precoce di Alzheimer e la sua vera battaglia ha inizio.
Il film è la storia di questa battaglia, viene fuori da un libro è uscito nel 2007 e “tutti i malati con cui abbiamo parlato ci hanno detto di riconoscersi del tutto nella storia di Alice. Non perchè la loro vita somigliasse a quella di Alice ma perché somigliava il modo di affrontare la malattia”.
Così introduce il regista questa storia di una donna che lotta per mantenere anzitutto le parole nella sua memoria perchè poi, si sa, la lingua è ciò che ci unisce agli altri e sono le parole cui i malati  si aggrappano disperatamente man mano che vanno via.

E non sono molte le attrici che avrebbero potuto rendere questa lotta. Julianne Moore ce l’ha fatta. Fortissimamente. E per lei già si parla di nomination all’Oscar: “Speriamo ci sarà ma già il fatto che  se ne parli tanto è qualcosa di molto eccitante” chiosa il regista che poi precisa: “Non abbiamo voluto l’orchestra e gli amplificatori. Volevamo solo le cose vere e nessun eccesso o fiction, non gridare sulla malattia ma solo parlarne in modo realistico”.

E come si è arrivati alla scelta di Kristen Stewart?
Per il suo essere cosi dura, cosi onesta. Lei è una che va dritta allo scopo, con un cervello che lavora a 3000 all’ora. La tenevamo d’occhio dai tempi di Panic Room. Serviva una giovane come lei accanto a Julianne Moore, donna molto forte e determinata anche nella storia (oltre che nella vita) ed era questo che volevamo. Forti performance femminili. Purtroppo ci sono troppi pochi film con donne forti al centro. Se ci fossero più ruoli del genere per donne aiuterebbe anche la coscienza sociale”.
E come dargli torto?



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