Si è chiuso domenica nella Sala Regia di Palazzo Venezia il Roma Art Doc Fest 2005 con la serata di premiazione della rassegna internazionale di film documentari sull’arte e l’architettura presieduto da Carlo Fuscagni (Foto 2)con la direzione artistica di Rubino Rubini e la consulenza scientifica di Claudio Strinati, durante il quale sono stati proiettati oltre 250 film documentari sull’arte e l’architettura e grazie ai materiali messi a disposizione da Rai Teche, Istituto Luce, Fondazione CSC–Cineteca Nazionale, Cult Network Italia, Fondazione L’Immemoriale di Carmelo Bene e ZDF/3sat e al bando internazionale che ha coinvolto 22 paesi: Austria, Belgio, Brasile, Canada, Danimarca, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Israele, Italia, Libano, Norvegia, Olanda, Portogallo, Romania, Spagna, Stati Uniti, Svizzera, Taiwan.
Il Festival di Palazzo Venezia si era inaugurato con la proiezione in anteprima del film Con Michelangelo di Enrica Antonioni (Foto 3).
La Giuria composta da Nicola Spinosa, Alessandra Mammì, Ines Musumeci Greco, Daniel Stephen Berger, Emilio Isgrò, Erich Kusch, Giacomo Pirazzoli, ha segnalato tra l’altro l’alto livello delle opere selezionate per questa seconda edizione.
Ha vinto il primo premio assoluto - la scultura Pellicula – Ricciolo d’oro di Arnaldo Pomodoro – il documentario Who gets to call it art? (Foto 4) di Peter Rosen (Stati Uniti 2005 - 76’ – Prodotto da Peter Rosen Production e Muse Film an Television) perché, dice la motivazione, “attraverso la figura del grande curatore Hensi Geldzhaler viene raccontata la storia della cultura americana degli anni ’60, con tutti i miti e le leggende che fanno da corona alle grandi epopee”.
La Targa del presidente della Repubblica al Miglior documentario sull’arte italiana è andato a La lista di Pasquale Rotondi di Giuseppe Saponara (Italia 2005 - 55’ – Prodotto da Giovanni Minoli per Rai Educational e Comunità Montana di Montefeltro) perché – spiega la motivazione – “Giuseppe Saponara ha saputo con il suo film ridare vita ad una pagina poco nota ma importantissima della cultura e della civiltà del nostro paese. Pasquale Rotondi, civil servant di cui tutti dobbiamo e vogliamo essere orgogliosi, trova un suo risvolto narrativo nel film di Saponara di corretta esemplificazione storica ed insieme di autentica analisi d’un personaggio visto nei suoi risvolti umani ed emotivi”.
Miglior documentario categoria Arte a Eleven Years of Colours di Simon Goulet e Eric Tessier (Canada 2004 – 43’) e Oio (Canada 2003 – 9’30"– solo musica - prodotti da Amoniak Film) in quanto “il laboratorio di un’artista canadese che per undici anni ingaggia un combattimento tra tecnica artigianale e tecnologia digitale. Un film sofisticato aldilà delle prevedibili sofisticazioni tecnologiche”.
e - ex aequo – al film Broken Column di Finn McAlinden (Norvegia 2004 – 49’ – Prodotto da Lighthouse Productions). La motivazione dice: “La legittimizzazione dell’arte nella società contemporanea attraverso l’installazione di una serie di sculture di Antony Gormley in spazi pubblici di una cittadina del Nord Europa. Le reazioni degli abitanti sono il tema del film”.
Miglior documentario categoria Artisti a David Hockney. Double Portrait (Foto 5) di Bruno Wolheim (Gran Bretagna 2003 - 49’ – Prodotto da Colga Pictures for BBC).
”Una serie di doppi ritratti si traduce nella realtà in un’autoritratto ironico di uno dei più grandi pittori contemporanei. Su tutti prevale il tema della solitudine umana che è anche la solitudine dell’artista”.
Miglior documentario categoria Architettura a Kingelez: Kinshasa, une ville repensèe di Dirk Dumon (Belgio 2004 - 29’ – Prodotto da Piksa).
”Una visione da 3° millennio della città utopica attraverso le improvvisazioni urbanistiche di Bodys Isek Kingelez artista di Kinshasa. La riprogettazione della città diventa spunto per un viaggio, un po’ energico e un po’ incantato, attraverso storia e antropologia africana”.
Miglior documentario categoria Nuovi Linguaggi a Miserere (Cantus) (Foto 6) di Antonello Matarazzo (Italia 2005 - 8’ – Prodotto da Antonello Matarazzo) per “una intelligente contaminazione tra i linguaggi della musica, dell’architettura e del teatro in un filmato intenso e scioccante ambientato in un paesaggio sospeso”.
Premio Fondazione Csc – Cineteca Nazionale per la Miglior Fotografia a François Dutil per Regular or Super: Views on Mies van der Rohe di Joseph Hillel e Patrick Demers (Canada 2004 - 56’ – Prodotto da Quatre par Quatre). “Per il rigore e il rispetto con cui viene filmata e raccontata la straordinaria storia di semplicità di Mies van der Rohe”.
Premio Rai Teche per il Miglior Montaggio a Cathrine Ambus per Danish Design di Jacob Joergensen (Danimarca 2002 - 30’ – Prodotto da JJ Film) per “Il montaggio ritmico e armonico per raccontare in 18 ritratti la specificità di una delle più classiche e sofisticate scuole del design europeo”.
Premio Istituto Luce per il Documentario più innovativo a In the beginning was the Eye di Bady Minck (Austria 2003 – 44’ – Prodotto da Amour Fou) per “l’animazione, montaggio, installazione e costruzione di un fantasmagorico set. Su 44 minuti la sperimentazione scatenata di molti linguaggi all’interno di un’operazione accattivante e concettuale insieme”.
Premio SNGCI al documentario con il Miglior taglio giornalistico–sociale a Fluid Cities di Bartolomeo Pietromarchi (Italia 2004 -35’ – Prodotto da Fondazione Adriano Olivetti) perché “la memoria e il futuro dell’Europa affidata a un’inchiesta sulle testimonianze culturali nei luoghi di contatto tra est e ovest, cultura cristiana e mussulmana, oriente e occidente”.
Premio speciale Regione Lazio per il Miglior documentario della categoria “Lo spirito del tempo” a Conversazione d’arte: Jannis Kounellis di Alessandro Populin (Italia 2004 – 45’ – Prodotto da Cult Network Italia e Tails Production) “Documentario su Jannis Kounellis: artista considerato uno dei padri fondatori dell’Arte Povera”.
Infine, il Premio speciale assegnato dal direttivo del SNGCI per l’opera complessiva ed in particolare per la serie La farina del diavolo di Paolo Calcagno perché “ha saputo coniugare arte e giornalismo nel segno del cinema”.
La serata si è conclusa con la proiezione del documentario vincitore assoluto Who gets to call it art? di Peter Rosen.