Folgorato sulla via di un teatro parigino, dove ha assistito con meravigliata partecipazione alla messa in scena de Il Dubbio, regia di Roman Polanski, Stefano Accorsi qualche tempo fa non ci ha pensato su due volte. E dopo aver discusso del progetto teatrale col produttore ha fatto leggere il testo a Sergio Castellitto, affidandogliene la regia. Insomma, è tutto merito dell’attore bolognese sdoganato dalla pubblicità di un gelato e cresciuto negli anni sui set cinematografici di casa nostra e d’oltralpe (ma anche sui palcoscenici), se Il Dubbio si prepara a bissare il successo ottenuto nella scorsa stagione. Da stasera, il dramma di John Patrick Shanley, Premio Pulitzer 2005, tradotto da Flavia Tolnay e adattato dalla moglie di Castellitto, Margaret Mazzantini, debutta sulle tavole del Teatro Valle con grandi aspettative da parte del pubblico.
Il titolo dell’allestimento, del resto, sta facendo parlare anche per via della versione cinematografica di imminente uscita in Italia – diretta dall’autore stesso del testo – che potrebbe regalare l’ennesimo Oscar a Meryl Streep, interprete del film insieme con Philippe Seymour Hoffman. Il Dubbio si sviluppa intorno a un nucleo incandescente, un presunto caso di pedofilia di un sacerdote ai danni di un ragazzino di colore nell’ambito di un istituto scolastico religioso. A causa di quest’azione ignobile, di cui sorella Aloysia non ha prove ma solo un mostruoso sospetto, la reputazione di Padre Flynn rischia di finire nel fango. “E’ un personaggio ambiguo, irrisolto, che ho deciso di lasciare aperto d’accordo con Sergio (Castellitto, ndr) il quale ha dato un apporto decisivo alla messinscena con la sua regia – confessa Accorsi, tornato a recitare a Roma dopo le repliche di Naja di Angelo Longoni nel ’96 – con questo testo ho scoperto davvero il piacere di stare sul palco e di osare, perché un attimo prima di entrare in scena Padre Flynn mi fa paura, ma quando sono in quinta sento già che mi appartiene”.
Soddisfatto del lavoro compiuto anche il regista romano, il quale tesse le lodi dell’intero cast: “gli attori sono il vero effetto speciale della rappresentazione – dichiara Castellitto – sono stato fortunato ad averli. Io? ho solo preso questo testo, semplice e geniale insieme, e l’ho complicato costruendo una rete di conflitti, interazioni e codici inconsci. Il tutto è stato reso possibile dallo splendido lavoro del cast che ha continuato a lavorare sul testo anche negli ultimi tre giorni di prove”. Con Accorsi recitano Lucilla Morlacchi (Suor Aloysia), Nadia Kibout (Signora Muller) e Alice Bachi (Suor James). Il debutto della piéce, fissato per stasera, coincide per quegli strani giochi del destino con una data epocale della storia degli Usa: la cerimonia d’insediamento di Barack Obama, primo presidente afro americano degli USA. “Mi piacerebbe molto prendere partecipare alla cerimonia alla Casa Bianca, ma stasera io lavoro, c’è spettacolo – scherza il regista di Non ti muovere - posso solo dedicare al nuovo presidente la ‘prima’ di una messa in scena attualissima. Un testo che l’elezione di Obama ha reso archeologico perché Donald Muller non è più il ragazzino emarginato delle scuole del Bronx: è diventato il Presidente degli Stati Uniti”.
Razzismo, conflitto, ipocrisia, moralità e ambiguità sono i temi roventi che John Patrick Shanley ha rappreso nel testo scritto all’indomani del crollo delle Torri Gemelle. Un dramma che racconta una storia di omosessualità e pedofilia ambientata nel ’64 in una scuola parrocchiale del Bronx. Qui Padre Flynn è il prete cattolico accusato dalla direttrice Suor Aloysia di aver abusato sessualmente di un allievo, l’unico ragazzino di colore della scuola. Lo scontro tra innocentisti e colpevolisti, che ogni sera deflagra dal palco alla platea, inducendo gli spettatori a toccare con mano il terribile dubbio (e a schierarsi chi con l’accusa, chi con la difesa) rappresenta la cifra di un dramma universale. “Il testo è importante, ma fondamentale è stato l’approccio di Castellitto, il suo modo di rappresentarlo. Ha messi tutti noi attori nella condizione di osare, di avere sempre un po’ paura, perché lui non ha mai paura di andare fino in fondo” ammette Stefano Accorsi dichiarandosi curioso di vedere l’approccio cinematografico al testo di Philippe Seymour Hoffman.
“Mi dedico al teatro solo quando sento la passione bruciare – gli fa eco Castellitto – questo è un mestiere faticoso e relativamente gratificante, si può fare quando il fuoco arde. Il lavoro degli attori? E’ quello il vero effetto speciale perché la loro dinamicità salta agli occhi, sono unici e speciali. Riescono ad emozionare e ad emozionarsi ogni sera”. Al di là delle scene irrealistiche e della diversa concezione strutturale (il primo atto è marcatamente cinematografico, il secondo più teatrale) i chiaroscuri della scrittura vengono evidenziati dalla regia, che lascia emergere tutto il mistero e la sincerità di una vicenda ambigua. “Sergio ha saputo creare parole, tra le immagini inventate, che danno profondità al testo e fanno fare dei salti enormi ai personaggi, allargando voragini tra quello che essi possono apparire e ciò che possono essere – chiarisce Accorsi – un lavoro che non traspare nell’allestimento francese che ho visto e che giudico quasi un dramma da camera, né in quello americano assai più asciutto e secco. Nel nostro, Castellitto ha evidenziato aspetti tragici ed estremi, fondendo la commedia alla tragedia”.
Elogi e richieste di bis a parte, il successo riscosso da questo allestimento la scorsa stagione è frutto di un lavoro appassionato al quale tutti hanno collaborato. Dal cast, ebbro di soddisfazione, ai collaboratori tecnici (le scene sono di Antonella Conte e i costumi di Isabella Rizza) che hanno collaborato a rendere credibile una cornice scenica non realistica. “Dopo questo non credo che tornerò a fare teatro molto presto, mi spiace – promette Castellitto – ma in questa compagnia scorreva il sangue dell’intelligenza e della passione. E le occasioni di passione in teatro non sono così frequenti. Io tengo famiglia, ho quattro figli e una moglie, non posso più andare in giro a fare il teatrante. E il bello di questo mestiere sono le prove, quando devi provare e riprovare, togliere la sabbia dai mobili, scoprire il testo nascosto nel testo, quel codice da decodificare simile a un diamante da rispolverare. E’ proprio questo che rende il teatro competitivo sul cinema e la tv. Del resto, se la scena è quel luogo mitico che resiste da 4000 anni, un motivo ci sarà. O no?sennò è solo un entrare a destra e uscire dalla quinta di sinistra”. Ma qual è il segreto dell’attore, ammesso che ve ne sia uno? “Umiltà e ambizione sono due qualità indispensabili – risponde lesto Castellitto - ma bisogna pure essere generosi, coraggiosi e docili senza essere servili. Io ho sempre obbedito, prendendomi i rimbrotti di mio figlio che una volta mi ha detto: papà, perché fai un mestiere così noioso? Non è meglio fare il giardiniere?”.
Repliche fino all’8 febbraio.
Teatro Valle – www.teatrovalle.it
Info 06/68803794 (h 10-19, lunedì riposo)
Inizio spettacoli serali h 20,45