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mercoledì 31 agosto 2005
di Silvia Di Paola
Sacco e Vanzetti
A Venezia stasera l’anteprima dell’ottimo lavoro televisivo di Fabrizio Costa per Canale 5

VENEZIA - I veneziani  lo vedranno gratuitamente, stasera nell’avvolgente Campo San Polo e saranno in tanti. E, c’è da giurarci, in tanti correranno per vedere quanto i Sacco e Vanzetti della loro memoria si avvicinano a  Ennio Fantastichini (Bartolomeo Vanzetti) e a Sergio Rubini (Nicola Sacco). Anche se i due anarchici della memoria al cinema sono solo due: il Gian Maria Volonté e il Riccardo Cucciola dell’indimenticabile, combattente, pietroso film di Giuliano Montaldo. Loro e nessun’altro, in questi 35 anni che separano quel film, quegli interpreti che strapparono il cuore (Cucciolla fu anche premiato a Cannes nel ’71 come migliore attore) e quella canzone (Here’s To You) che Ennio Morricone scrisse e che Joan Baez sparse per il mondo.

Ma, stavolta, sarà per fiction. Televisiva, programmaticamente meno ideologizzata, spalmata su due serate (che Canale 5 manderà in onda verso novembre), risultato di una coproduzione Mediaset-Titanus. Anzi, ultima produzione di Goffredo Lombardo che questa proiezione veneziana omaggia, insieme ad una storia emblematica che verrà vista in quella che è presentata come “versione cinematografica” della fiction e che differisce appena di una mezz’ora.
E Guido, figlio del Goffredo che incarnò la Titanus, parlando di questo film sottolinea solo due cose. Che stringono tutto: la faticosa passione del padre che ne seguì sino alla fine la realizzazione e il senso di una vicenda che, in fondo, “significa tanto perché è solo la storia di due uomini come tanti, due uomini forti e deboli insieme, due uomini che avevano sogni come tutti e restarono avvinghiati in una storia più grande di loro”.

A firmare questa nuova versione della storia dei due immigrati italiani anarchici ingiustamente accusati di rapina e omicidio e mandati a morte, nell’America degli anni ’20, contro ogni evidenza e persino respingendo la confessione del vero colpevole, è Fabrizio Costa che, conoscendo bene le regole della fiction televisiva, lontanissime da quelle del cinema, comunque è voluto partire da lì. Anche lui - e quasi necessariamente - dalla memoria di quel film (“un riferimento per la  mia generazione e non solo”) ma per scostarsi dal processo (centrale nel film di Montaldo) e partire da più lontano, oltre che per stemperare l’indignazione molto ideologica (ma i tempi e i modi in cui la vicenda si consumò non davano molte alternative) di Montaldo che raccontò la storia di un delitto di Stato e di una battaglia combattuta a testa alta, sino all’estremo attimo della morte, con quel “Viva l’anarchia” sulle labbra di Vanzetti che sta per sedersi sulla sedia elettrica.

Costa tenta di eludere gli ideologismi del passato e cercare lì dove sino ad oggi non si è troppo cercato; nell’approccio dei due anarchici all’universo a stelle e strisce, nel disorientamento, nei timori, nei disagi, nei vuoti, nelle inspiegabilità, cercando anche di non tralasciare  la “politicità” della storia, la manipolazione che ne fu fatta, la tragedia di un processo segnato sin dall’inizio e comunque. Ma, se i due interpreti sono anche stavolta d’eccezione, la confezione resta implacabilmente televisiva. Eppure ben venga un film che ci parla ancora di due non eroi morti eroicamente ma senza ragione.
Ancora di una giustizia che non c’è. Neppure nelle più solenni stanze della legge.

Accanto a Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini, Omero Antonutti, Anita Caprioli e l’attore bulgaro Hristo Shopov nel ruolo dell’odioso procuratore Katzman. Soggetto e sceneggiatura sono di Pietro Calderoni e Gualtiero Rossella.

 
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Foto dall’Uff. Stampa Lucherini-Pignatelli

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