Dinamiche familiari estreme e l’esercizio dell’essere genitori messo a dura prova nel rapporto conflittuale con i figli adolescenti. Dopo I nostri ragazzi (2014) e l’ultimo Mia (2023), il cinema di Ivano De Matteo continua ad esplorare la zona grigia del nostro quotidiano dove si annidano comportamenti apparentemente inspiegabili e fuori controllo.
In Una figlia, presentato al Bif&St e liberamente ispirato a Qualunque cosa accada di Ciro Noja (edito da Astoria Edizioni) ecco un padre (Stefano Accorsi) che dopo la morte della moglie avvenuta 5 anni prima per malattia ha tentato di rifarsi una vita privilegiando la crescita della figlia (Ginevra Francesconi) cresciuta con amore e devozione in un rapporto esclusivo.
Sarà l’arrivo di una nuova compagna gentile e premurosa (Thony, vorremmo vederla più spesso al cinema) che divide l’appartamento con loro dopo aver assistito da infermiera la madre malata, a scatenare la reazione inconsulta della figlia che la uccide improvvisamente con un coltello stanca delle sue attenzioni.
Inizia da qui un film di rabbia repressa e istinto paterno, sensi di colpa e rinascite morali. Con De Matteo che cerca l’immedesimazione dello spettatore attraverso la domanda più scomoda per un genitore: fin quando è possibile perdonare un figlio e far prevalere l’amore sulla ragione?
Dal CPA (centro di prima accoglienza) al carcere minorile di Casal del Marmo fino al trasferimento in un Centro accoglienza col miraggio del MAP (Messa alla prova) con De Matteo che filma una tripla perquisizione intima al momento dell’arrivo della ragazza nelle diverse strutture.
Perché quella di Sofia è una via crucis dell’anima in un percorso di presa di coscienza che si scontra all’inizio con la chiusura affettiva del padre (Mia figlia non esiste più dice il padre all’amica avvocato Michela Cescon).
Scritto come di consueto dal regista romano con la compagna Valentina Ferlan e girato in pellicola, Una figlia mette in mostra il cinema energico e quasi brutale di De Matteo. Uno che non ama lavorare in sottrazione e sbatte in faccia a chi guarda il problema senza girarci troppo intorno.
Senza mezze misure ecco così poliziotti rudi e sgarbati e sfoghi in solitaria (bella scena con Accorsi che urla in macchina durante l’autolavaggio), dettagli sonori che rivelano un mondo a parte (il manganello passato sulle sbarre della stanza durante il controllo, le mandate per l’apertura e la chiusura della porta) e un tentato suicidio che rivela il passaggio alla consapevolezza mentre i social vomitano insulti e i giornalisti iniziano il processo mediatico.
Ha il pregio di non essere un film a tesi e di non giudicare Una figlia che però scivola sulla buccia di un finale spiegato più che emozionante (Un figlio prima o poi deve smettere di essere un figlio, un padre non può mai smettere di esserlo, qualunque cosa accade recita la voce fuori campo di Accorsi) e forza la mano in sceneggiatura (quella doppia gravidanza…) per dare corpo al cambiamento interiore. Ma De Matteo, padre di due figli (una della stessa età della protagonista del film) sa di cosa parla e lo fa con preoccupazione cosciente e spirito del tempo che viviamo.
In sala dal 24 aprile distribuito da 01