Misteri e depistaggi, canali di comunicazione e contropartite politiche, procedure e negoziazioni ma anche l’uomo e i suoi affetti, la famiglia e una vacanza impossibile per staccare la spina. In occasione del ventesimo anniversario dalla scomparsa di Nicola Calipari- l’Alto Dirigente del SISMI che il 4 marzo 2005 sacrificò la propria vita per salvare quella della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da una cellula terrorista- arriva in sala Il Nibbio diretto da Alessandro Tonda con un intenso Claudio Santamaria (dimagrito di 12 kg. per l’occasione) nei panni del mediatore calabrese (anche se nel film non c’è traccia di dialetto) morto a 52 anni.
Sceneggiato da Sandro Petraglia, uno che di storia italiana se ne intende e girato tra Roma e il Marocco (lì è stata ricostruita Baghdad), il film di Tonda è un’opera intima e civile che mette in scena lavoro e sentimenti con una bella tensione narrativa che finisce dritta nel film di genere (Che male ti hanno fatto i film di azione? Basta con Kiarostami, i suoi sono tutti uguali… dice Calipari alla moglie Rosa- interpretata da Anna Ferzetti- che lo rimprovera per la scelta della pellicola di ritorno da una serata al cinema in un dialogo che sembra una dichiarazione d’intenti stilistici).
Tra appuntamenti e agguati, intermediari e informazioni (Noi le divulghiamo, voi le nascondete dice a Calipari il direttore del Manifesto chiamato a collaborare diffondendo solo le notizie giuste), video e lettere inviate dalla prigioniera (Sonia Bergamasco), assalti a vuoti targati CIA e una impossibile mediazione politica italiana tra la resistenza sunnita irachena e l’America che non vuole pagare riscatti per i rapiti, Il Nibbio scansa la ricostruzione sulle responsabilità della morte di Calipari (per quella bastano le eloquenti didascalie finali, con quel non luogo a procedere per carenza di giurisdizione e nessun colpevole trovato sulla quale ognuno potrà farsi la propria idea) preferendo concentrare l’attenzione sulla dedizione assoluta al lavoro di questo agente segreto che mise la sacralità della vita al centro del suo agire.
Non il ritratto di un supereroe all’americana ma quello di un uomo comune, votato alla pace e al senso dello Stato. Ideologie alla larga, contesto geopolitico volutamente sfumato e un’aria di ordinaria familiarità alla quale hanno giovato gli incontri degli interpreti coi personaggi portati in scena. Nastro della Legalità 2025 assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici.
In sala dal 6 marzo distribuito da Notorious Pictures