La responsabilità della scelta e le implicazioni morali sul valore di una vita. Toccherà a due gemelli eterozigoti (Vanessa Scalera ed Edoardo Pesce) decidere chi tenere in vita tra un padre e una madre (Giorgio Colangeli e Anna Bonaiuto) malati di una rara malattia genetica che intacca i tessuti midollari.
C’è la possibilità del trapianto ma solo uno dei due figli è compatibile e allora si impone una valutazione. Affettiva, sociale ed etica.
Parte da queste premesse Dall’alto di una fredda torre, l’esordio al lungometraggio di Francesco Frangipane che porta sul grande schermo l’omonimo spettacolo teatrale di Filippo Gili qui autore di soggetto e sceneggiatura.
Tra istinto e ragione, sentimento e razionalità (e se scegliere di non scegliere fosse al soluzione?), scienza e coscienza va in scena una resa dei conti familiare che indaga tra sensi di colpa e fantasmi del passato. Una vera e propria tragedia moderna fondata sugli archetipi della tragedia greca, afferma il regista, che si tiene lontano dai rischi del film a tesi puntando tutto su una narrazione sospesa e archetipica.
Presentato all’ultima Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public e girato a Gubbio, Dall’alto di una fredda torre gioca a testa o croce con la vita tra atmosfere rarefatte, silenzi carichi di rabbia e simbiosi con venature incestuose, scontando però una certa improbabilità di partenza (la malattia rara, non da contagio, che colpisce all’unisono i due genitori) e qualche evitabile forzatura metaforica (il cavallo bianco che scorrazza per il film).
Più concentrato ed essenziale, il testo teatrale viene in parte sminuito dalla resa cinematografica che imprigiona le emozioni in una tessitura verbale sin troppo programmata. La complicità e l’alchimia tra i due bravi interpreti avrebbe meritato di più.
In sala dal 13 giugno distribuito da Lucky Red