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mercoledì 17 luglio 2024
di Claudio Fontanini
L’invenzione di noi due
Silvia D’Amico e Lino Guanciale coppia in crisi nel film di Ceron
Le parole che non ti ho mai detto. Quelle che per anni Milo (da adulto Lino Guanciale) e Nadia (l’ottima Silvia D’Amico) si sono scritti sui banchi di scuola senza conoscersi e che poi, dopo essersi casualmente incontrati e rivelati ad una festa ha prodotto un matrimonio lungo 15 anni. 

E se una mattina la coppia scoprisse che il desiderio non abita più lì? Alimentare la speranza o accettare di essersi sbagliati? Dall’omonimo bestseller di Matteo Bussola (Giulio Einaudi editore), L’invenzione di noi due di Corrado Ceron (all’opera seconda dopo Acqua e anice) è un viaggio nella vita a due che, come si vede nella prima e bella sequenza dall’alto, è una sorta di labirinto inestricabile del quale non si conosce la via d’uscita. 

Dall’amarsi con urgenza all’amarsi con pazienza (E’ nella quiete che si annida il vero pericolo dice Silvia D’Amico). la storia di Milo e Nadia testimonia la facilità sconvolgente con la quale un uomo e una donna possano perdersi giorno dopo giorno. 

Architetto squattrinato lui (alla fine si ritroverà chef), scrittrice perennemente indecisa lei, eccoli passare in rassegna, tra ricordi e flash back, i momenti decisivi della loro convivenza. 

Tra forma e struttura, citazioni letterarie e ferite dell’anima, realtà e immaginazione, sguardi da (ri)trovare, scatoloni come urne e mail anonime per riaccendere la spia del desiderio, il film di Ceron- appena presentato in anteprima al 70° Taormina Film Festival e girato in una Verona suggestiva e romantica- soffre del carattere del suo protagonista. 

Schematico e sin troppo razionale, nonostante il bel montaggio in soggettiva e la struttura temporale non lineare, raffreddato in una architettura sentimentale programmata, L’invenzione di noi due- sceneggiato da Bussola con Federico Fava, Valentina Zanella e Paola Barbato- finisce per disperdere il bel potenziale narrativo a disposizione con l’insopportabile e reiterata voce fuori campo (soprattutto di lui) a filosofeggiare sulle questioni amorose. 

Per scoprire alla fine che forse è tutta una questione di nuove prospettive e che se ogni 7 anni le cellule dell’essere umano vengono completamente rigenerate innamorarsi di nuovo significa farlo con un’altra persona. Nel cast un dolente Paolo Rossi negoziante vedovo (I miei trenini sono modellini, non giocattoli) e Francesco Montanari nei panni del fratello irruento di Milo

In sala dal 18 luglio distribuito da Be Water Film in collaborazione con Medusa      


 
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