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martedì 27 febbraio 2024
di Claudio Fontanini
LA SALA PROFESSORI
La complessità e i limiti del sistema scolastico nel bel film di Catak
Il microcosmo scuola indagato come un laboratorio sociale dove diritti e privacy configgono fino alle estreme conseguenze. Una giovane insegnante di scuola media di origini polacche (della sua vita privata non sapremo nient’altro) si trova alle prese con una serie di piccoli furti all’interno della scuola tedesca nella quale insegna
Il microcosmo scuola indagato come un laboratorio sociale dove diritti e privacy configgono fino alle estreme conseguenze. Una giovane insegnante di scuola media di origini polacche (della sua vita privata non sapremo nient’altro) si trova alle prese con una serie di piccoli furti all’interno della scuola tedesca nella quale insegna. 

Ci sono sospetti su qualcuno (la ricerca del capro espiatorio è sempre in agguato), un collega della donna che invita il giovane rappresentante di classe a fermare la penna dell’insegnante sul nome dell’accusato dal registro di classe, la preside che invita gli studenti ad esibire i portafogli sui banchi e un Istituto a tolleranza zero che non ammette deroghe. Come arrivare alla verità con certezza? 

Ci prova con nobili intenti e scatenando una reazione a catena incontrollabile Carla Novak (Leonie Benesh) che vorrebbe proteggere la sua classe e al contempo trovare le ragioni di ciò che accade. Peccato che il suo gesto (filmare nella sala professori del titolo e all’insaputa dei colleghi ciò che avviene alla sua giacca lasciata incustodita) si riveli un boomerang proprio per lei, costretta d’ora in poi a subire gli attacchi incontrollati di chi l’accusa di aver infranto la legge (le chat dei genitori) e di studenti coalizzati (quel giornale di classe che sbatte i mostro in prima pagina). 

Le difficoltà e i limiti dell’insegnamento sono al centro del bel film di Ilker Catak, candidato all’Oscar come miglior film internazionale e capace di scatenare il dibattito a fine proiezione. 
Il sistema educativo, il trasferimento delle conoscenze e la concezione gerarchica dell’ambiente scolastico impastano il quarto lungometraggio del regista tedesco che attraverso la presa di coscienza prima e lo smarrimento successivo della sua protagonista filma una vera e propria scissione ideologica dove l’imprevedibile diventa prevedibile e le parole non corrispondono più ai fatti. 

Così le lezioni sui presagi di Talete di Mileto e la necessità della corrispondenza tra tesi e dimostrazione si scindono in un’ambivalenza che mira a difendere il talento di un allievo che però intanto subisce le conseguenze devastanti dell’accusa (la madre del ragazzo, è ritenuta forse colpevole dei furti) e si ribella alla sua insegnante. 

Con quel Cubo di Rubik che si fa emblema delle possibilità negate e di quella rabbia repressa con la quale dover fare i conti nel nome della tenuta dell’insieme. Da vedere.

In sala dal 29 febbraio distribuito da Lucky Red     


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