Le folte chiome degli alberi di un bosco riprese dal basso (ovvero da un’altra prospettiva) aprono magnificamente Il male non esiste, il nuovo film di Hamaguchi Ryusike premiato all’ultima Mostra del cinema di Venezia col Leone d’Argento del Premio della Giuria.
Nato originariamente come progetto visivo d’accompagnamento dal vivo per le musiche evocative di Ishibashi Eiko, il nuovo capolavoro dell’autore de Il gioco del destino e della fantasia (Orso d’Argento a Berlino 2021) e Drive my car (Oscar per il migliori film internazionale e miglior sceneggiatura a Cannes 2021) è la storia di una comunità rurale che si ribella (o tenta di farlo) alla new economy che bussa alle porte sotto le forme di un lussuoso glamping (campeggio glamour) gestito da una società di spettacolo di Tokyo.
Le acque di sorgente limpide e cristalline sono in pericolo per la costruzione nelle vicinanze di una fossa settica e i pozzi a valle a rischio inquinamento. Il problema è l’equilibrio, se si esagera si perde. La frase, pronunciata dal vecchio e saggio sindaco della comunità nella lunga sequenza da antologia della riunione nella quale si confrontano gli abitanti del posto e i novelli predoni, rappresentati da un uomo e una donna in cerca di cambiamento e redenzione, fotografa alla perfezione il senso di un film che mette l’uomo al centro del confronto tra natura e progresso imposto.
Con quell’uomo misterioso e sempre indaffarato (Faccio il tuttofare, lavoro per il paese dice lo straordinario Omika Hitoshi) che spacca la legna, riempie taniche di acqua e convive con la figlia di 8 anni rimasta senza madre e che ogni tanto vaga per i boschi innevati.
Placido, ipnotico e misterioso (sul finale si apra il dibattito), Il male non esiste spende poche parole (le prime arrivano dopo 10’) per concentrare la sua essenza nelle immagini (sensazionale la fotografia di Kitagawa Yoshio).
Contro i programmi sbandierati da Tokyo in video collegamento (Ottimizzare la gestione) basta allora una penna di fagiano usata per suonare il clavicembalo a rimettere al centro del villaggio il ciclo perpetuo della natura. E quei cervi feriti (gli unici che attaccano l’uomo) a farsi portavoce di questo apologo teorico mentre gli spari in lontananza annunciano morte.
Ricco di suggestioni visive e qualche tocco di realismo magico, il film di Hamagucy Ryusike risuona a lungo nella mente dello spettatore col rigore stilistico della regia e la forza vitale dei suoi personaggi a fare da bussola sulla rotta del grande cinema. Da non perdere.
In sala dal 6 dicembre distribuito da Tucker Film e Teodora