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lunedì 13 novembre 2023
di Claudio Fontanini
THE OLD OAK
Il nuovo, grande film di Ken Loach: un inno al potere della solidarietà
Un giorno dovremo essere così organizzati e determinati da fare in modo che la solidarietà possa porre fine alla sofferenza e alla necessità di ricorrere alle lotte. Abbiamo già aspettato troppo a lungo. Parola di Ken Loach che a 87 anni compiuti dimostra con The Old Oak che non è ancora arrivato il tempo di alzare bandiera bianca di fronte alle leggi del mercato e alla spersonalizzazione dell’essere umano
Un giorno dovremo essere così organizzati e determinati da fare in modo che la solidarietà possa porre fine alla sofferenza e alla necessità di ricorrere alle lotte. Abbiamo già aspettato troppo a lungo. Parola di Ken Loach che a 87 anni compiuti dimostra con The Old Oak che non è ancora arrivato il tempo di alzare bandiera bianca di fronte alle leggi del mercato e alla spersonalizzazione dell’essere umano. 

Presentato in concorso al Festival di Cannes e scritto col fedele Paul Laverty, il nuovo film del regista britannico è l’ennesimo, convincente e commovente capitolo di una filmografia che ha sempre messo solidarietà (non carità, come si specifica qui) e umanità al centro del racconto. Il mondo come dovrebbe essere e non è nel segno di una speranza incrollabile, proprio come l’insegna di quel vecchio pub che dà il titolo al film (The old oak- la vecchia quercia) e sembra l’emblema di un cineasta che ha sempre creduto che un film possa ancora cambiare le persone. 

Quel posto speciale è l’unico posto di ritrovo di una non precisata cittadina mineraria dell’Inghilterra del Nord nel 2016. Dove le multinazionali comprano case on line svalorizzando quelle di chi le ha comprate 30 anni prima, il lavoro scarseggia e le vecchie foto in bianco e nero della cava sono testimonianze di un intero modo di vivere sparito per sempre

Basta così l’arrivo di un gruppo di rifugiati siriani a far esplodere razzismo e intolleranza, sedati a stento dai pochi illuminati guidati dal proprietario del pub. Divorziato e senza alcun rapporto col figlio, TJ Ballantyne (Dave Turner, una faccia che non si dimentica), sopravvissuto ad un tentativo di suicidio grazie al provvidenziale arrivo di un cagnolino, vive senza speranza servendo al balcone i pochi clienti rimasti e dando una mano col suo furgone per la beneficenza. 

Sarà l’incontro con una giovane siriana appassionata di fotografie (Ebla Mari) a riportarlo sulla via dell’umana compassione attraverso racconti di vita e un passato doloroso da  condividere. Mentre quel pub diventa un vero e proprio territorio conteso (Una birra in meno per noi dice un cliente che non vuole i siriani all’interno) e un vecchio stanzone fatiscente e chiuso da anni testimonia lo sforzo e la voglia di rinascita collettiva. Perché mangiare insieme rende uniti.

Film di perdite e lutti (E’ la speranza che crea così tanto dolore confida a Ballantyne la siriana che non sa se il padre, rimasto in patria, sia vivo o morto), capri espiatori e resilienza, The old oak invita a reagire (Se non ti aspetti nulla non ottieni nulla) e rilancia il potere del singolo che si fa forza collettiva

Un film classico, dallo stile piano al quale non serve altro che la messinscena della vita vera, vissuta. Quella della quale si nutre da sempre il cinema militante e misericordioso di Ken Loach. Una vera e propria benedizione. Da non perdere.

In sala dal 16 novembre distribuito da Lucky Red         


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