L’esordio al lungometraggio di Julie Lerat-Gersant, che porta al cinema la sua esperienza d’osservatrice nei centri francesi di accoglienza per madri adolescenti e i loro neonati, è un viaggio di crescita e indipendenza femminile che rimarrà a lungo nella nostra mente e nei nostri cuori.
Racconta con realismo privo di ogni retorica e macchina da presa incollata alla sua prodigiosa protagonista (Phil Grovne) la tormentata gravidanza inaspettata della 16enne Camille, padre mai conosciuto, madre amorevole ma tossica e coetaneo che l’ha messa incinta più attratto dallo studio e da un viaggio in Olanda che dallo stargli accanto.
Un tentativo di aborto spontaneo procurato (con l’avallo della madre) al quarto mese di gravidanza ed eccola su ordine del Giudice minorile in una casa famiglia per ragazze madri. Col film della Lerat-Gersant che segue l’evoluzione, fisica e psicologica, di questa ragazzina costretta a diventare donna e in preda ad angosce esistenziali e dubbi filosofici.
Tra un’educatrice ferrea (Romane Bohringer) e un gruppo di coetanee con le quali specchiarsi (soprattutto con una, Alison, il cui primo figlio finirà spesso tra le braccia di Camille nelle scene più belle e toccanti del film), una tazza di cioccolata calda e qualche consiglio prezioso (Bisogna scavare una buca per sotterrare il dolore), le corse sui rollerblade e le tirate di sigarette incurante di quel piccolo alieno (così lo chiama all’ecografia) che ha in grembo.
Sì perché Camille, in bilico tra prove di maternità e la voglia di essere se stessa, mentre cerca la condivisione nasconde retaggi familiari (quel dossier d’infanzia che non vuole leggere) e la convinzione che a volte parlare fa troppo male. Mentre quei bambini contesi mandano segnali che non tutti comprendono e Camille canta il ritornello di una canzone che si chiede se questo amore avrà un domani. Finale struggente e liberatorio che consegna al mondo e al pubblico una nuova Camille.
Delicato e commovente, documentato e intimo (magnifico il dialogo madre-figlia sul letto dopo il litigio della festa di compleanno) Petites- La vita che vorrei…per te mette in scena eredità familiari ed emancipazione femminile immergendo lo spettatore in un quotidiano ruvido e vivacissimo al quale danno linfa e potenza le straordinarie interpreti, tutte intonate nel coro dell’autenticità.
Opera rara sul senso di responsabilità che comporta l’essere madre, ecco un film che dovrebbe essere visto obbligatoriamente nelle scuole. Per comprendere il senso di una scelta e la sofferenza che comporta (quel piccolo pugno della neonata che stringe il dito della mano della madre vale il film).
Un cinema sociale e lirico che rimanda a Ken Loack per cura dei dettagli e precisione ambientale dell’insieme e che fa venire voglia di vedere subito la sua seconda opera. E’ nata una grande artista.
In sala dal 26 ottobre distribuito da Satine