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lunedì 27 febbraio 2023
di Claudio Fontanini
EMPIRE OF LIGHT
Il potere terapeutico del cinema nel nuovo film di Mendes
Dopo Spielberg (The Fabelmans) e Chazelle (Babylon) è il turno di Sam Mendes con questo Empire of light. Gli atti d’amore per la sala e l’arte cinematografica si susseguono a getto continuo nel nome della nostalgia canaglia e di epoche spazzate via da frammentazioni tecnologiche e divi usa e getta. Protagonista una memorabile Olivia Colman
Dopo Spielberg (The Fabelmans) e Chazelle (Babylon) è il turno di Sam Mendes con questo Empire of light. Gli atti d’amore per la sala e l’arte cinematografica si susseguono a getto continuo nel nome della nostalgia canaglia e di epoche spazzate via da frammentazioni tecnologiche e divi usa e getta. 

Qui si comincia con le porte di un vecchio cinema degli anni ‘80 che si riaprono, le luci che si accendono e l’elegante bancone del bar che rimette in mostra le sue cibarie. E’ la perfetta metafora della vita di Hilary (una memorabile Olivia Colman), vice direttrice dell’Empire e appena uscita da un ospedale psichiatrico (Come sta? le chiede il medico. Mi sento un po’ apatica…). 

Tra pomeriggi danzanti e dosi di litio (Non è un problema di salute la vergogna), bagni nella vasca con la testa sott’acqua e vessazioni accettate supinamente (il direttore, Colin Firth, abusa sessualmente di lei) arriverà al cinema un nuovo giovane impiegato del Trinidad (Michael Ward) a ricordarle che anche l’amore, temuto e imprevisto, può guarire le ferite della vita. Magari solo per un po’. Con quel vecchio piano alto della sala, diventato una piccionaia, a custodire segreti e vista su un altro mondo in attesa. 

Parla di possibilità e illusioni, desideri del cuore (Sono conficcati come viti), razzismo (siamo nell’Inghilterra della Tatcher e degli skinheads) e senso di appartenenza il nuovo film di Sam Mendes che mette forse sin troppa carne al fuoco allontanandosi dal centro narrativo di una storia che regala comunque momenti indimenticabili (la Colman sola in sala davanti alle immagini di Peter Sellers in Oltre il giardino, l’arrivo dei servizi sociali con la donna che attende con la valigia già pronta, la lezione tecnica del proiezionista Toby Jones sulla luce che produce immagini) serviti da una confezione impeccabile (luci, design e costumi perfetti). 

Emozionante e letterario (i libri di Larkin e le poesie di Tennyson danno spessore allo script), autocompiaciuto e un po’ brusco in alcuni passaggi, Empire of light ricorda che la vita è uno stato mentale e che quel piccolo raggio di luce nell’oscurità è ancora una via di fuga. Ieri, oggi e domani.           

In sala dal 2 marzo distribuito da Walt Disney Studios Motion Pictures    


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