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giovedì 23 novembre 2017
di José de Arcangelo
GRAMIGNA
Film ispirato a una storia vera di camorra, teso e realistico che diventa un racconto di speranza
Una storia vera di camorra, ma ben potrebbe essere di mafia o ‘ndrangheta come dir si voglia, però raccontata da un altro punto di vista, quello del figlio che non vuole seguire le orme del padre e ha detto ‘no’. Un storia diversa, positiva, che si discosta dalle ormai popolari serie “Gomorra”, “Suburra” e via elencando
Una storia vera di camorra, ma ben potrebbe essere di mafia o ‘ndrangheta come dir si voglia, però raccontata da un altro punto di vista, quello del figlio che non vuole seguire le orme del padre e ha detto ‘no’. Un storia diversa, positiva, che si discosta dalle ormai popolari serie “Gomorra”, “Suburra” e via elencando.Perché ormai l’obiettivo si è spostato dentro anziché fuori (della ‘famiglia’).
Ispirato al romanzo omonimo del vero Luigi Di Cicco (scritto con Michele Cucuzza), Gramigna di Sebastiano Rizzo, è un film teso e realistico che diventa un racconto di speranza, dimostra che è possibile cambiare strada anche quando ce la sbarrano da ogni parte, essere se stessi conquistandoci le nostre indipendenza e libertà, che non è mai a basso prezzo, anzi.

Gramigna
narra la storia di un ragazzino, Luigi (un intenso e potente Gianluca Di Gennaro), figlio di Diego (un inedito Biagio Izzo), uno dei più potenti boss della malavita campana, che ancora oggi sta scontando l’ergastolo e che il ragazzino ha visto solo in galera.
Luigi è costretto a fare i conti costantemente con una realtà che si divide tra bene e male – testimone di ogni sorta di violenza e vittime di continue perquisizioni -, conteso tra ‘tentatori’ (ricchi e persuasivi malavitosi) e ‘angeli custodi’ (la madre Anna una sempre brava Teresa Saponangelo) e Vittorio (Enrico Lo Verso), professore di ginnastica e allenatore di calcio.
Questi ultimi, cercano di metterlo in guardia dai rischi del malaffare, dalla pericolosità di cedere alle provocazioni e, al tempo stesso, lo spronano a studiare e a lavorare, facendogli capire il valore della famiglia, della serenità e, soprattutto, della libertà.

Il senso d’impotenza che Luigi prova ogni volta che assiste all’umiliazione dei commercianti da parte della malavita, fa crescere in lui un desiderio di riscatto per quella gente e quella terra. Così, crescendo e lottando dolorosamente contro se stesso, vivendo costantemente in uno stato di profonda solitudine e rabbia, riuscirà a risorgere e ad estirpare dalla sua mente, come una ‘gramigna’ appunto, ogni forma di tentazione che potrebbe costargli quella libertà che conquisterà a sue spese, sperimentando il dolore e l’umiliazione del carcere: nulla può essere barattato se non con la stessa libertà.
Grazie, quindi, alla sua grande voglia di riscatto, diventerà un commerciante e si dedicherà con grande entusiasmo al civile, in particolare la sua attenzione sarà rivolta a quei commercianti che, spesso, aveva visto umiliati e feriti, anche nella dignità, dalla sua stessa famiglia.

Finalmente potrà fare qualcosa per loro, potrà lottare insieme a loro, contro la criminalità. Ma anche lottare per il riscatto dei ragazzi del Sud, difendere quella bella terra ‘sfregiata’ che resiste al potere della malavita, sperando che la sua storia possa essere da esempio ai tanti giovani, che sognano di estirpare, come lui, la gramigna dal loro ‘status’, per diventare uomini migliori.
Gramigna – afferma il regista, anche sceneggiatore con Camilla Cuparo - è un film di grande valore socio-culturale, nato con l’obiettivo di portarlo in tutte le scuole a scopo educativo. Un film che prende i giovani per mano e li guida, senza ipocrisia, senza filtri o menzogne, nelle tenebre del male - un male che rende l’esistenza stessa una galera - indispensabile per farli poi riemergere nella luce di un riscatto possibile per tutti. Un riscatto che genera libertà e regala così possibilità di: osare, ribellarsi, cambiare, fare, sognare, in una terra dove spesso i sogni restano intrappolati nell’adolescenza e si tramutano poi in rabbia, disillusione e rassegnazione”.

Infatti, la sua vita viene raccontata andando avanti e indietro nel tempo, e il film ricostruisce – attraverso gli episodi più salienti – l’infanzia e l’adolescenza negata di Luigi per concludersi con un grido di dolore e rabbia, appunto: “Non sono come mio padre, non sono come mio padre”.
Un’opera che coinvolge e commuove, grazie ad un stile asciutto ed efficace, e ad una narrazione realistica che racconta la violenza, senza per forza farla vedere, e contenuta (il film dura soltanto 93’) e senza tempi morti, grazie anche al montaggio di Letizia Caudulo. La pellicola è sostenuta da Unicef Italia e verrà proposta nelle scuole di tutta Italia (dal 27 novembre) - finora sono 200 -, per far capire che i ragazzi vanno protetti dalla violenza, che hanno un’opportunità di scelta e di poter vivere un’infanzia degna di questo nome.
Nel cast Gianni Ferreri (Gennaro), Mario Porfito, Nicola Graziano, Antonio Tallura, Titti Cerrone, Anna Capasso, Ciro Petrone e la partecipazione di Ernesto Maieux. La fotografia è firmata da Timoty Aliprandi e le musiche originali da Franco Eco.

Nelle sale italiane dal 23 novembre distribuito da KlanMovie


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http://www.klanmovieproduction.com

 
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