Non è uno scherzo interpretare il Papa e Neri Marcorè - abituato a giocare sia con i suoi personaggi cinematografici che nelle gustose imitazioni televisive - deve aver sentito la responsabilità di ricoprire un ruolo tanto impegnativo.
“Veramente non sapevo perché fossi stato scelto, mi hanno detto che, oltre alla somiglianza fisica, hanno trovato in me il suo candore”. L’attore presta il volto a Giovanni Paolo I (tra gli altri interpreti Gabriele Ferzetti, Franco Interlenghi, Roberto Citran, Jacques Sernas) in una miniserie che Raiuno manda in onda questa sera e martedì dal titolo Papa Luciani, il sorriso di Dio. Con la regia di Giorgio Capitani (Il Maresciallo Rocca) la fiction ripercorre la vita di Albino Luciani a partire dalla nascita, a Forno Canale, nel bellunese, il 17 ottobre del 1912 fino al giorno della sua morte avvenuta in Vaticano, in circostanze ancora poco chiare, il 28 settembre del 1978.
Soli 33 giorni di pontificato, uno sguardo mite, un sorriso dolce ma una volontà incrollabile di riportare la Chiesa alle sue radici più vere, Papa Luciani ha segnato, a dispetto della brevità del suo mandato, una pagina importante nella storia di tutta la cristianità.
Come si è sentito Marcorè ad interpretare una figura così carismatica?
“Temevo di non essere adeguato. Ma questo mi accade per ogni ruolo che decido di interpretare. In questo caso volevo, al di la del trucco, riuscire a rendere l’umiltà, il candore e la luce che lui emanava”.
Che ricordo ha di Albino Luciani?
“Avevo 12 anni quando è diventato Papa. Lo amavo, mi sembrava quasi uno zio o un nonno che attraverso la tv entrava nella mia casa. Aveva il potere di parlare al cuore della gente con il suo modo semplice di comunicare. Purtroppo l’abbiamo dovuto piangere troppo presto”.
Cosa pensa del mistero che circonda ancora la sua morte?
"Non è questa la cifra del film anche se la tesi dell’intrigo viene proposta come possibile verità. A questo proposito c’è un giornalista che parla di ‘sospetti’, e poi viene inquadrata in primo piano una tazzina…”.
Sarebbe stato un Papa scomodo?
“Credo che avrebbe riformato profondamente la Chiesa, proprio come si era proposto di fare. Aveva coraggio, carisma e una fede saldissima vestita di umiltà. E poi, un sorriso che spalancava i cuori e insieme la determinazione necessaria per fare quei cambiamenti che riteneva indispensabili. Anche per questo è rimasto nel ricordo di tutti, superando la sfida del tempo, il poco che avuto per farsi amare”.
Al cinema con Baciami Piccina commedia ambientata in Italia nel settembre del ’43, Neri Marcorè ha ricominciato a condurre da ieri la decima edizione (sesta, per lui) di Per un Pugno di Libri, fortunata trasmissione pomeridiana di Raitre.
Come spiega il successo di un programma dove non si vincono milioni ma libri?
“È una trasmissione che si rivolge a chi guarda la tv per scelta e non a chi la subisce. Il gradimento da parte del pubblico di Per un Pugno di Libri dimostra che in Italia c’è ancora qualcuno che decide di essere davanti al piccolo schermo e forse ricorda una televisione come si faceva una volta, quella con la quale siamo cresciuti. Il suo valore è quello di parlare di argomenti interessanti e con un tono di voce normale”.
Teatro?
“Sono in tournèe per il secondo anno con La lunga notte del dottor Galvan di Daniel Pennac. Il 31 ottobre debutto al Ciak di Milano e poi in giro per l’Italia”.
La miniserie in onda questa sera è prodotta dalla Compagnia Leone Cinematografica di Francesco e Federico Scardamaglia, e le riprese si sono svolte tra Roma e Viterbo ma con rimandi e flashback sulla natìa Canale d’Agordo. La sceneggiatura è stata scritta da Francesco Scardamaglia e Massimo Cerofolini con la consulenza di Giuseppe De Carli, il vaticanista del Tg1 e capo della struttura Rai Vaticano.