Lo abbiamo visto ed apprezzato recentemente in televisione, su Raiuno, ne La provinciale, film tv con Sabrina Ferilli - liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia - nel ruolo del commissario Rinaldi: uomo dal passato doloroso e difficile da cancellare ma forte e testardo quando si trova davanti a casi particolari da risolvere. E poi ancora nell’atteso L’ultimo rigore 2, giunto ’a pennello’ in Tv (anche se per caso) considerando le ultime vicende calcistiche.
Tante sono state le fiction interpretate con successo, consensi di pubblico e critica. Il suo nome tuttavia è, nella memoria di tutti, inevitabilmente legato a La Smorfia, lo storico trio che lo vedeva al fianco di Massimo Troisi e Lello Arena: all’epoca era definito "il bello" del gruppo e a tutt’oggi l’aggettivo gli sta ancora bene addosso! Ma Enzo Decaro, nativo di Portici, ha smesso da tempo i panni dell’attore comico ed è cresciuto e maturato artisticamente.
Dal teatro, anzi dal ‘fine’ cabaret, ad affermato attore televisivo. Un cammino difficile? Cosa ti è rimasto di quella bell’esperienza?
“La Smorfia è stata una realtà speciale perché univa in un’unica personalità artistica tre identità molto distinte e definite che avrebbero potuto - come poi è avvenuto - anche procedere da sole. Lo stimolo era proprio quello di mettere insieme tre guitti, tre clown che, attraverso la satira e la comicità, dicevano cose serie facendo ridere di gusto. Poi ci separammo, così si diceva… In effetti, era solo un ciclo che si era concluso; qualcosa stava cambiando anche nella cultura, nel mondo dello spettacolo. Tuttavia i grandi temi che La Smorfia, ’rirenno e pazzianno’, trattava, sono quelli che ancora oggi mi accompagnano e affronto con passione: amore, religione, disagio”.
Il tuo ruolo di ‘terzo’ era dunque solo apparente…?
“Be’…se in una squadra c’è il fuoriclasse e il confusionario, diciamo che io ero quello che teneva un po’ le redini, anche se pochi lo sapevano. La scrittura e l’ideazione mi hanno sempre interessato ed anche lì ho dato il mio ’modesto’ contributo. Sono passato, poi, attraverso esperienze di regia cinematografica, ed ora ho trovato nella televisione un modo di esprimermi che mi sta abbastanza ’a pennello’. Qui è possibile cercare una sintonia tra autore, sceneggiatore e regista; e quando questo avviene, ti accorgi che la cosa può funzionare e arriverà poi di certo al pubblico”.
I personaggi finora interpretati sembrano avere una sorta di denominatore comune: ricerca profonda di sentimenti, introspezione. E’ solo un caso o una scelta precisa?
“Sono convinto che in ogni lavoro debba esserci la ricerca dell’umanità. Mi piace entrare nelle pieghe dell’anima, tentare di far uscire tutto quello che c’è di vero ed autentico. Ad esempio, l’allenatore della squadra giovanile appassionato del calcio che interpreto ne L’ultimo rigore 2, si deve confrontare con giochi sporchi, interpretare un po’ il senso comune della gente, gestire i rapporti, a volte difficili, con giovani leve di una generazione diversa. Anche le fiction Una donna per amico o Questo amore sono storie di sentimenti dove i componenti della famiglia si ritrovavano a dover fare i conti con se stessi, i legami di coppia, l’educazione dei figli… Personaggi veri, dinamiche quotidiane dove io ‘mi ficco’ volentieri. Serve spesso anche a limare se stessi”.
C’è un ruolo che vorresti interpretare e non ti è stato ancora proposto?
“Sinceramente non ci ho mai pensato. Forse perché, in ogni sceneggiatura, credo davvero che si possa lavorare sui personaggi e, alla fine, far venir fuori proprio quello che vuoi e che ti soddisfa. Non mi fermo mai alla prima lettura … Tento, piuttosto, di trovare, assieme agli altri compagni di lavoro - e sempre in quella auspicata sintonia di cui parlavo - gli elementi che possano magari ridipingere un personaggio e farlo sentire mio.”
Torni spesso in Campania, la tua terra d’origine?
“E’ un punto di riferimento fisso, anche se mi sento molto vagabondo e un po’ cittadino del mondo…ci vengo spesso. E in particolare, da più di un anno, anche perché ho corsi laboratoriali all’Università di Salerno di Scrittura e rappresentazione presso la Facoltà di Scienza della comunicazione. L’esperienza dell’insegnamento mi ha sempre dato tanto. In passato sono stato anche all’Università di Napoli. Questo nuovo esperimento, molto pratico oltre che teorico, mi sta dando la possibilità di condividere con gli studenti quello che ho imparato nel corso della mia vita. E’ come tornare indietro con gli anni. Il loro entusiasmo e la voglia di apprendere di teatro, recitazione, cinema, mi fa sentire vivo. Si tratta di uno scambio molto importante. Insegnando si capisce (e si fa capire), come la passione possa sposarsi felicemente con la professione”.
Siamo partiti dalle esperienze con il grande Massimo Troisi e ci tornerei per sapere di un progetto-ricerca sulla poetica musicale dell’amico scomparso che stai portando avanti da un paio d’anni. Ce ne parli?
“Più che un progetto, direi che è un atto dovuto. Credo che il poeta Troisi sia nato prima di tutti: prima dell’attore, prima del comico. Qualcosa della sua poesia diventava teatro, qualcos’altro una battuta, qualcos’altro ancora un pensiero per uno sketch. Oggi, a più di vent’anni di distanza, ho ripreso in mano le pagine abbozzate e composte assieme a lui e che tenevo ben custodite in un cassetto, per ridare loro finalmente vita e forma compiuta. Avevo intenzione di finire i compiti rimasti sospesi per lungo tempo, e mi sono rituffato nella composizione e nell’arrangiamento di quei pezzi, restituendo al pubblico una pagina artistica finora poco nota. Troisi, fra l’altro, teneva molto per sé i sentimenti e non volevo offendere la sua memoria… Ho atteso, prima di far questo, per rispetto dell’amico Massimo. Superata poi anche la fase del ricordo doloroso, ho pensato che fosse giunto il momento. Così mi sono avvalso della collaborazione di James Senese, Paolo Fresu, Diego Moreno, Rita Marcotulli, Marcello Colasurdo, Rino Zurzolo, Daniele Sepe e Cecilia Chailly. Ogni membro di questo gruppo di raffinati musicisti ha offerto il suo personale contributo nel rendere i nostri versi in una veste musicale attuale, senza tuttavia tradire mai lo spirito e la sensibilità con cui furono concepiti. Anche Massimo amava la musica come me e questa è l’occasione giusta per continuare a…lavorare insieme: con la passione che sempre ha spinto entrambi a perseverare in questo difficile quanto meraviglioso mestiere!”