Tra le corsie di un ospedale come in una zona di guerra. Floria (la straordinaria Leonie Benesh già vista in La sala professori) fa il turno di notte come infermiera nel reparto chirurgia di un ospedale svizzero barcamenandosi tra personale sotto organico (con lei solo una studentessa al primo anno di tirocinio) e una figlia che non vede a sufficienza.
Aperto da una sfilata circolare di divise appese, L’ultimo turno di Petra Biondina Volpe è un magnifico esempio di cinema sociale eppure intimo che mette al centro del racconto la vita vera.
Un vero e proprio tour de force emotivo che coinvolge la protagonista e gli spettatori in una corsa contro il tempo spesso combattuta senza armi.
Con Floria alle prese con pannoloni da cambiare e parametri vitali, malati in attesa di risposte dai dottori impegnati in sala operatoria e reazioni allergiche, dilemmi morali e richieste impossibili (il paziente con l’assicurazione privata che esige un tè alla menta e cronometra il tempo di consegna).
Claustrofobico, emozionante e necessario, L’ultimo turno, presentato fuori concorso all’ultimo festival di Berlino e ispirato a Our professioni s not the problem- It’s the circumstances, il libro di Madeline Calvelage, è un’accurata ricerca sul campo che mette in scene esistenze in bilico e varia umanità.
Coi titoli di coda, che arrivano dopo lo struggente finale con Floria in autobus al termine del suo turno lavorativo, che richiamano il collasso sanitario mondiale (se legge che secondo una stima dell’OMS nel 2030 mancheranno all’appello 13 milioni di infermieri) e glorificano una professione che profuma di missione.
E mentre Floria aprendo ogni porta di camera s’imbatte in mille storie diverse (l’anziana malata di Alzheimer con la figlia lontana a Boston, l’uomo in odore di cancro preoccupato per la fine del suo cane di 11 anni, l’africano del Burkina Faso che combatte da solo la sua battaglia col male, la paziente sorpresa a fumare con accanto la bombola di ossigeno) ecco farsi largo, tra le luci rosse delle chiamate dei pazienti che si susseguono e il telefono che non smette di suonare, quel collasso silenzioso e strisciante che la porterà, quasi inevitabilmente, a commettere un errore.
Con quegli occhiali dimenticati in un cassetto da una ex paziente che li reclama a farsi metafora di un’umanità ancora possibile laddove un gesto apparentemente banale diventa una conquista. Mentre la Volpe pedina la sua sensazionale protagonista (meriterebbe una candidatura all’Oscar) tra piani sequenza e sguardi che raccontano gli sforzi spesso vani di chi è stritolato dal tempo e dall’imprevedibilità delle situazioni ma non vuole rinunciare alla gentilezza (nonostante il richiamo di una sua collega che la mette in guardia dicendole di non esserlo troppo perché altrimenti si abituano…) e alla messa in ascolto degli altri.
Teso come un thriller ospedaliero e privo di retorica, sostenuto dalla colonna sonora evocativa di Emilie Levienaise-Farrouch, L’ultimo turno è un film potente e viscerale che non si dimentica. Da non perdere.
In anteprima nelle arene estive dal 18 agosto e dal 20 agosto in sala distribuito da Bim