Dopo lo splendido M-Il figlio del secolo sono ancora gli schermi casalinghi di Sky (in streaming su Now) ad ospitare una delle serie più belle ed ispirate degli ultimi anni. Presentata in anteprima mondiale allo scorso Festival di Cannes e passata in sala in due parti la scorsa estate, L’arte della gioia diretta da Valerio Golino e liberamente adattata dall’omonimo romanzo di culto di Goliarda Sapienza (Einaudi edizioni) è accurata ricostruzione d’epoca e trionfo del femminismo ante litteram, salutare provocazione (tanto sesso esibito e funzionale al racconto) e romanzo di formazione che mette in palio la libertà di essere se stessi (E’ vero, ho sempre rubato la mia parte di gioia, a tutto e a tutti dice all’inizio la voce fuori campo della meravigliosa protagonista interpretata dall’intensa e magnetica Tecla Insolia).
Prodotta da Sky Studios e da Viola Prestieri per HT Film, la serie (in sei puntate) racconta la drammatica e avventurosa storia di Modesta, una ragazza orfana della Sicilia rurale di inizio ‘900 che scopre la sessualità e il desiderio di una vita migliore di quella che ha sempre avuto e che la porterà a lottare per la sua emancipazione e la sua felicità, sbaragliando le leggi dei padroni che hanno già scritto il suo posto nel mondo.
Con quella bambina poverissima di 9 anni in fuga da un padre violento e da una madre e una sorella che non la capiscono che trova rifugio presso un convento di suore guidato da una Badessa (Jasmine Trinca) che nel corso degli anni diverrà chioccia e ossessione, spirito materno e seduzione segreta (Loro avevano Dio, io volevo la vita).
Fino ad arrivare, nel suo lungo cammino di conoscenza e insaziabile desiderio di amore, alla villa della Principessa Brandiforti (una Valeria Bruni Tedeschi che riassume il meglio dei suoi personaggi nevrotici e feriti nell’animo) dove si renderà indispensabile facendo leva sulla sua innata sensualità per una vera e propria scalata al potere (Sono diventata un buon vecchio monarca dirà verso la fine).
Mentre fuori si sente l’eco della guerra e vigono le regole di una società oppressiva e patriarcale. Sceneggiata dalla Golino con Luca Infascelli, Francesca Marciano, Valia Santella e Stefano Sardo, L’arte della gioia regala emozioni e riflessioni a getto continuo tra amplessi ed abusi, trame del peccato e nomi di stelle inventati, gocce di sudore che profumano di zagara (lode al Gabellotto interpretato da Guido Caprino) e vittime da influenza spagnola, avvelenamenti e rendite decadute.
Con momenti indimenticabili (il matrimonio notturno di Modesta con Ippolito (Giovanni Bagnasco), l’uomo deformato e unico erede dei Brandiforti che chiamano La Cosa; la prima notte d’amore con Beatrice, la figlia adottiva della Contessa, interpretata da una splendida Alma Noce, solo per citarne qualcuno) e quel gioco di ombre reiterato ad annunciare la guerra tra anima e corpo, desideri e coscienza.
Mentre dal finestrino di una delle prime automobili scorrono le visioni dei fantasmi dei morti che hanno popolato il cammino di questa controversa e spregiudicata eroina forse solo in cerca di due occhi color mare. Da non perdere.