La serie è composta da 6 episodi di 25 minuti ciascuno, che Rai 3 trasmetterà in 3 prime serate (gli altri quattro episodi andranno in onda il 13 e il 20 ottobre) la serie, tra grottesco e surreale, utilizza il metalinguaggio per sbeffeggiare la mafia in un ribaltamento totale di prospettiva.
Il protagonista si chiama Sebastiano ed è un latitante siciliano trasferitosi al nord Italia dove trascorre le sue giornate nascosto in una villetta dotata di mille occhi all’esterno e di ingegnosi nascondigli all’interno: telecamere, allarmi, recinzioni, passaggi segreti, cunicoli sotterranei, oltre all’immancabile bunker interrato.
Grazie a questa abitazione strategica e alla conseguente esistenza da “topi” che dentro vi conducono Sebastiano e la sua famiglia, quest’uomo è da anni invisibile alla Polizia. Con l’aiuto di fidati prestanome, porta avanti - da casa - i loschi e assurdi traffici della sua impresa edile.
Tutto questo con la complicità della famiglia al completo: la moglie Betta (Lorenza Indovina), immersa con grande normalità nelle trame illegali; la primogenita Carmen (Michela De Rossi), studentessa universitaria spesso in conflitto col padre, ma con il quale condivide filosofia spicciola ed eloquente cinismo; Benni (Andrea Colombo), il figlio diciassettenne un po’ stupido e con velleità giudicate trasgressive dal padre, che non condivide la sua passione per la cucina; gli zii Vincenza (Clelia Piscitello) e Vincenzo (Tony Sperandeo), accanita scommettitrice la prima e capostipite mafioso il secondo, felicemente autorecluso nel bunker da 12 anni. A completare il quadro dei personaggi principali c’è U Stuortu (Nicola Rignanese), uomo di fiducia, appassionato di poesia e amico del boss che gestisce la pellicceria di famiglia- una chiara attività di copertura- con l’anziana madre.
Coproduzione Rai Fiction- Wildside con la collaborazione del Centro di Produzione Rai di Torino, I Topi si ispira ai tanti stratagemmi adottati dai veri boss per sfuggire all’arresto e per garantirsi lunghi periodi di latitanza. Buffi e rocamboleschi nella fiction come nella realtà.
Tutto è nato guardando in tv un doc in cui si vedeva un uomo uscire da un armadio dopo 8 mesi di bunker: ho subito pensato che fosse un deficiente dice Albanese presentando la serie tv. Ho narrato lo stile di vita dei latitanti di mafia usando l’ironia e il paradosso, con l’intento di far emergere il ridicolo e l’assurdità di quella condizione. Gli ambienti e i costumi raccontano di un mondo nascosto, letteralmente sotterraneo, grigio e contorto e i personaggi esprimono la loro incapacità di vivere con dignità. In parte prigionieri delle loro leggi primitive ma soprattutto mossi da una sterile avidità di potere e denaro che contamina e impoverisce il tessuto economico e sociale.
La comicità continua il comico vuole essere anche strumento rivelatore della bestialità e dell’ignoranza delle realtà mafiose che sottraggono nutrimento e sono portatrici di gravi infezioni, come i topi.